L’ipertensione polmonare è una malattia rara caratterizzata da un aumento della pressione polmonare arteriosa che porta verso lo scompenso cardiaco destro e gravata da un’elevata mortalità.
Differenti studi hanno dimostrato come l’infusione parenterale di prostanoidi sia la terapia più efficace in pazienti con malattia in fase avanzata, contribuendo non solo ad alleviare i sintomi ma anche a ridurre la mortalità.
I pazienti che rispondono in modo inadeguato a questa terapia sono candidati al trapianto polmonare, ma sono scarsi in letteratura dati sulla sopravvivenza dei pazienti che proseguono con la sola terapia medica.
Un recente studio retrospettivo, pubblicato su Chest, ha voluto chiarire questo aspetto, analizzando il decorso clinico di 195 pazienti con ipertensione arteriosa polmonare, primitiva, ereditaria o secondaria, in fase avanzata, e trattati con epoprostenolo o treprostinil endovenoso o treprostinil per via sottocutanea.
Nell’analisi sono stati considerati tre livelli di rischio per i parametri prognostici raccomandati dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia e della European Respiratory Society (classe funzionale, test della camminata di sei minuti, livello BNP, livello NT-proBNP, pressione atriale destra, indice cardiaco e saturazione mista di ossigeno venoso): basso, intermedio o elevato.
I risultati hanno mostrato un miglioramento indotto dal trattamento farmacologico, evidenziato da un’evoluzione positiva dei parametri emodinamici, del six-minute walk test e della classe funzionale. In particolare, si sono ridotte le resistenze vascolari polmonari, mediamente del 39%, nonché la pressione arteriosa media e le resistenze vascolari sistemiche.
La classe funzionale, il six-minute walk test, i valori di BNP/NTpro-BNP e la saturazione dell’ossigeno nel sangue venoso misto, sono risultati associati alla mortalità. Al contrario, i valori dell’indice cardiaco non sono risultati correlati alla sopravvivenza.
I peggiori esiti clinici sono stati rilevati in pazienti senza fattori di rischio più bassi o con due o più fattori di rischio elevati, tra quelli indicati dalle linee guida, con una sopravvivenza a due anni uguale o inferiore al 50%.
I tassi di sopravvivenza a uno, due o tre anni sono risultati complessivamente dell’84%, 77% e del 67%.
Questo studio fornisce interessanti informazioni sulla sopravvivenza dei pazienti in trattamento con prostanoidi parenterali, evidenziando inoltre come i principali criteri prognostici possano fornire precise indicazioni sul profilo di rischio del paziente.