Dopo un intervento di rivascolarizzazione coronarica percutanea viene iniziato di consueto un periodo di trattamento con due farmaci antiaggreganti in associazione, al fine di prevenire le possibili complicanze trombotiche. E’ stato dimostrato come l’interruzione di questa terapia si associ ad un alto rischio di eventi ischemici, in particolare durante le prime settimane dall’impianto. Il razionale che sta alla base di questo duplice trattamento è legato alla necessità di proteggere il segmento vascolare dilatato dallo sviluppo di trombosi intra-stent, proprio quando si sta sviluppando localmente un’endotelizzazione riparativa.
Solitamente il doppio trattamento è prolungato fino ad un anno dall’intervento, ma è stato dimostrato come il prolungamento oltre questo limite, sia in grado di conferire un’ulteriore protezione da eventi trombotici che possono coinvolgere l’intero albero coronarico.
D’altra parte, questo trattamento antiaggregante aggressivo espone il paziente ad un più elevato rischio emorragico, che non sempre è facile quantificare con precisione.
Per cercare di aiutare nella stratificazione del rischio emorragico in questi pazienti, arriva ora sulle pagine del Lancet uno studio che propone uno specifico score, analizzato su un campione di derivazione e di validazione.
Sono stati considerati 14.963 pazienti che assumevano aspirina e inibitori del P2Y12 dopo essere stati sottoposti a rivascolarizzazione coronarica percutanea. Il PRECISE-DAPT score includeva cinque elementi: età del paziente, clearance della creatinina, emoglobina, conta dei leucociti e precedente sanguinamento spontaneo. L’endpoint principale dello studio è stato il sanguinamento occorso oltre i sette giorni dall’intervento.
In un follow-up mediano di 552 giorni si sono verificati sanguinamenti maggiori o minori in 218 pazienti. Il punteggio PRECISE-DAPT è stato validato in 8.595 pazienti sottoposti a PCI del trial PLATO e in 6.172 partecipanti al registro BernPCI.
In base all’incidenza stimata di sanguinamento sono state distinte quattro fasce di rischio: molto basso, fino ad un punteggio di 15; basso, fino ad un punteggio di 17; moderato, fino ad un punteggio di 24; alto, per un punteggio superiore a 24.
Ad un punteggio di 15 corrisponde un rischio a 12 mesi di sanguinamento maggiore o minore dello 0.9%: per un punteggio di 20 il rischio è dell’1,3%; per un punteggio di 25 il rischio è dell’1,8%.
Questo studio fornisce quindi le prime indicazioni positive sull’utilizzo di un punteggio, semplice ed affidabile, per la stratificazione del rischio emorragico in pazienti che assumono una duplice terapia antiaggregante. Questo indice non solo consente di intervenire con maggiore cautela in pazienti con rischio elevato, ma può anche fornire indicazioni utili sull’opportunità di prolungare o meno la doppia terapia antipiastrinica. Ad esempio i pazienti con un punteggio ≥25 potrebbero essere sottoposti al trattamento per soli 12 mesi, o meno, mentre in quelli con un punteggio <25 la terapia potrebbe essere prolungata oltre.
Chi fosse interessato a provare questo punteggio, può utilizzare il calcolatore online disponibile sul sito PRECISEDAPT.
Per il link alle Linee Guida ACCF, AHA, SCAI, ACC, ACP, AATS, PCNA e STS, sulla doppia antiaggregazione piastrinica in pazienti con cardiopatia coronarica, vai ad altro articolo del giornale.
Franco Folino