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Il forame ovale pervio nei pazienti con ipertensione polmonare: relativamente frequente ma poco vantaggioso

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Norris, George William, Landis, Henry R. M. Krumbhaar, E. B./Wikimedia commons

Le opzioni di trattamento per i pazienti con ipertensione polmonare avanzata non sono molte. Come possibile opzione di cura, o come ponte per al trapianto, in pazienti selezionati è stata proposta la creazione iatrogena di una comunicazione interatriale. In particolare, questo trattamento può fornire benefici clinici aggiuntivi negli adulti che già ricevono una triplice terapia con antagonisti dei recettori dell’endotelina, inibitori della fosfodiesterasi-5 e prostanoidi.

Le linee guida cliniche raccomandano la settostomia atriale per i pazienti con ipertensione polmonare, in classe funzionale III o IV, con insufficienza cardiaca destra refrattaria o sintomi sincopali indotti dall’esercizio fisico. Inoltre, il loro uso è consigliato come trattamento pre-trapianto o come misura palliativa quando non sono disponibili altre opzioni di trattamento.

L’adozione della procedura è stata lenta e l’esperienza mondiale è ancora molto limitata. La logica alla base della creazione di una comunicazione a livello del setto interatriale è stata fornita dall’osservazione che i pazienti con cardiopatia congenita, shunt e ipertensione polmonare, avevano una sopravvivenza migliore rispetto ai pazienti con ipertensione polmonare idiopatica.

Un forame ovale pervio può quindi fungere da settostomia naturale, ma la sua incidenza in pazienti con ipertensione polmonare è incerta.

Il forame ovale pervio nell’ipertensione polmonare

Un gruppo di ricercatori nordamericani ha studiato questo aspetto, analizzando in modo prospettico gli ecocardiogrammi di 404 pazienti affetti da ipertensione polmonare. L’esame era completato dall’iniezione di una soluzione salina con bolle, ripetuta dopo manovra di Valsalva. Sono stati inoltre valutati i dati ottenuti dagli esami angiografici. Sono stati esclusi pazienti con sindrome di Eisenmenger o shunt atriali noti diversi dal forame ovale.

L’analisi finale dello studio, pubblicato sull’American Journal of Cardiology, ha incluso 292 pazienti. Un forame ovale pervio è stato identificato nel 16,8% dell’intera coorte, nel 22,9% dei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare e nell’8,6% dei pazienti con ipertensione polmonare dovuta a malattie del cuore sinistro (Dana Point classe 2).

La differenza tra pressione in atrio destro e pressione di incuneamento capillare polmonare è risultata più bassa in quest’ultimo gruppo rispetto agli altri pazienti (-7,9mmHg versus -1,7mmHg).

I pazienti con un forame ovale pervio erano più giovani (54 versus 59 anni).  Il riscontro di un forame ovale pervio era più frequentemente associato a un ventricolo destro moderatamente o severamente dilatato o disfunzionale.

La sopravvivenza a 6 anni è rimasta invariata anche in presenza di un forame ovale pervio.

L’analisi ha evidenziato come fattori predittivi indipendenti di sopravvivenza solo l’età e la classe funzionale. La presenza di un forame ovale pervio è stata rilevata con minor frequenza nei soggetti classificati come Dana Point 2, rispetto gli altri pazienti. Gli autori attribuiscono questo riscontro all’incapacità della manovra di Valsalva di superare la differenza di pressione tra atrio destro e pressione di incuneamento capillare polmonare.

Con un forame ovale pervio la sopravvivenza non migliora

Questo studio presenta differenti risultati interessanti. Innanzitutto, si evidenzia una percentuale non indifferente di pazienti con ipertensione polmonare e forame ovale pervio. Di più frequente riscontro in soggetti con alterazioni anatomiche e funzionali del ventricolo destro. Questo può far supporre che sia uno stiramento del setto interatriale a favorire l’apertura del forame ovale, piuttosto che questo sia di natura congenita.

Infine, i risultati dimostrano come la pervietà del forame ovale non fornisca alcun vantaggio sulla sopravvivenza.

 

Franco Folino

 

 

Lauren Sharan, et al. Effect of Patent Foramen Ovale in Patients With Pulmonary Hypertension. The American Journal of Cardiology, Volume 122, Issue 3, 1 August 2018, Pages 505-510.

 

 

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