Alcuni astronomi, usando ALMA e NOEMA, hanno rilevato per la prima volta con certezza una molecola radioattiva nello spazio interstellare. La parte radioattiva della molecola è un isotopo di alluminio. Le osservazioni rivelano che l’isotopo è stato disperso nello spazio dopo la collisione tra due stelle, che ha lasciato dietro di sé un resto stellare noto come CK Vulpeculae. È la prima volta che si osserva direttamente questo elemento da una sorgente conosciuta. Le precedenti identificazioni di questo isotopo provenivano dalla rilevazione di raggi gamma, ma la loro origine precisa era sconosciuta.
L’equipe, guidata da Tomasz Kamiński (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, Cambridge, USA), ha sfruttato ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) e NOEMA (NOrthern Extended Millimeter Array) per rivelare una sorgente di isotopi radioattivi di alluminio-26. La sorgente, nota come CK Vulpeculae, era stata identificata per la prima volta nel 1670 e all’epoca appariva agli osservatori come una “nuova stella” luminosa e rossa. Sebbene inizialmente visibile a occhio nudo, si era rapidamente affievolita e ora servono potenti telescopi per vedere i resti di questa fusione, una debole stella centrale circondata da un alone di materiale incandescente che se ne fugge via.
348 anni dopo l’evento iniziale, i resti di questa esplosiva fusione stellare hanno portato a trovare l’impronta chiara e convincente di una versione radioattiva dell’alluminio, nota come alluminio-26. Questa è la prima molecola radioattiva instabile rilevata con certezza al di fuori del Sistema Solare. Gli isotopi instabili hanno un eccesso di energia nucleare e prima o poi decadono in una forma stabile.
“La prima osservazione di questo isotopo in un oggetto stellare è importante anche nel più ampio contesto dell’evoluzione chimica galattica”, osserva Kamiński. “Questa è la prima volta che un produttore attivo del radionuclide alluminio-26 è stato identificato direttamente.”
Kamiński e il suo team hanno rilevato l’esclusiva impronta spettrale di molecole costituite da alluminio-26 e fluoro (26AlF) nei detriti che circondano CK Vulpeculae, che si trova a circa 2.000 anni luce dalla Terra. Mentre queste molecole ruotano e ruzzolano nello spazio, emettono un’impronta distintiva nella luce di lunghezza d’onda millimetrica, un processo noto come transizione rotazionale. Gli astronomi considerano questo lo standard di riferimento per i rilevamenti di molecole.
L’osservazione di questo particolare isotopo fornisce nuove informazioni sul processo di fusione che ha creato CK Vulpeculae. Dimostra anche che gli strati interni, profondi e densi, di una stella, dove sono forgiati gli elementi pesanti e gli isotopi radioattivi, possono essere rimescolati e lanciati nello spazio da collisioni stellari.
“Stiamo osservando le interiora di una stella squarciata tre secoli fa da una collisione”, ha osservato Kamiński.
Gli astronomi hanno anche stabilito che le due stelle che si sono fuse erano di massa relativamente bassa. Almeno una era una stella gigante rossa con una massa da 0,8 a 2,5 volte quella del nostro Sole.
Essendo radioattivo, l’alluminio-26 decadrà per diventare un elemento più stabile: durante questo processo uno dei protoni nel nucleo decade in un neutrone e il nucleo eccitato emette un fotone con un’energia molto alta, che osserviamo come un raggio gamma.
In precedenza, rilevazioni di raggi gamma hanno dimostrato che nella Via Lattea sono presenti circa due masse solari di alluminio-26, ma il processo che ha creato gli atomi radioattivi era sconosciuto. Inoltre, a causa del modo in cui vengono rilevati i raggi gamma, anche la loro origine precisa era in gran parte sconosciuta. Con queste nuove misure, gli astronomi hanno definitivamente scoperto per la prima volta un radioisotopo instabile in una molecola esterna al nostro Sistema Solare.
Nello stesso momento, tuttavia, l’equipe ha concluso che è improbabile che la produzione di alluminio-26 da parte di oggetti simili a CK Vulpeculae sia la principale fonte di alluminio-26 nella Via Lattea. La massa di alluminio-26 in CK Vulpeculae è circa un quarto della massa di Plutone, e dato che questi eventi sono così rari, è altamente improbabile che siano gli unici produttori dell’isotopo nella Via Lattea. Questo lascia la porta aperta per ulteriori studi su queste molecole radioattive.