Il microbioma intestinale può essere utilizzato come biomarcatore per la diagnosi di carcinoma epatocellulare, rappresentando un importante strumento non invasivo per identificare precocemente questa malattia.
Sono queste le conclusioni cui è giunto un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori cinesi, pubblicato con libero accesso sulle pagine della rivista Gut.
La sperimentazione, svolta anche con il contributo di un ricercatore europeo, dell’Università Cattolica di Louvain, ha cercato da prima di caratterizzare il microbioma intestinale in pazienti con carcinoma epatocellulare (HCC), successivamente ha valutato il suo potenziale come biomarcatore non invasivo per questa neoplasia.
A questo scopo sono stati analizzati oltre 400 campioni fecali, raccolti in differenti regioni della Cina. Il microbioma è stato così sequenziato in 75 pazienti con HCC avanzato, in 40 pazienti con cirrosi epatica e in 75 soggetti sani. I risultati sono stati successivamente convalidati sui campioni di 56 soggetti di controllo, 30 pazienti con HCC in fase iniziale e 45 pazienti con HCC in fase avanzata. Il valore diagnostico è stato quindi validato su campioni provenienti da 98 pazienti con HCC.
Dall’analisi dei risultati emerge che la diversità microbica fecale è significativamente diminuita nella cirrosi epatica rispetto ai controlli sani, mentre è aumentata nell’HCC precoce rispetto ai soggetti con cirrosi.
I phyla batterici identificati nei campioni fecali, e risultati più comuni, sono stati il Bacteroidetes, il Firmicutes e il Proteobacteria. Nell’insieme, hanno rappresentato fino al 90% delle sequenze riconosciute nei soggetti di controllo e nei pazienti con cirrosi epatica e HCC precoce.
Nel confronto tra questi gruppi, il phylum Actinobacteria è risultato significativamente più rappresentato nei soggetti con HCC precoce rispetto a quelli con cirrosi epatica.
Allo stesso tempo, 13 generi, tra cui Gemmiger, Parabacteroides e Paraprevotella sono apparsi più frequentemente nell’HCC precoce rispetto alla cirrosi epatica.
A sua volta, il phylum Verrucomicrobia è risultato meno presente nell’HCC precoce rispetto ai soggetti di controllo.
Per quanto riguarda i generi identificati, si è visto come nel confronto tra HCC precoce e controlli, i generi che producono butirrato erano diminuiti, mentre quelli che producono lipopolisaccaride erano aumentatati.
Successivamente, sono stati identificati i 30 marcatori microbici ottimali, che hanno poi evidenziato una elevata capacità discriminatoria tra i campioni di soggetti con o senza HCC. La caratterizzazione microbica intestinale ha così confermato un forte potenziale diagnostico per l’HCC precoce e persino per l’HCC avanzato.
Questo studio ha fornito quindi due tipi di informazioni particolarmente importanti, in un ambito fino ad oggi poco conosciuto. Da un lato ha fornito un’accurata caratterizzazione del microbioma intestinale dei pazienti con carcinoma epatocellulare. Dall’altro, ha dimostrato la possibilità di usare il profilo microbiologico fecale per fare diagnosi precoce di malattia, in modo incruento.
Il carcinoma epatocellulare è il terzo tumore più comune a livello globale e la seconda causa di mortalità correlata al cancro in tutto il mondo. Nonostante l’efficacia consolidata dei programmi di screening per gli individui a rischio, la maggior parte dei pazienti viene diagnosticata in fasi avanzate della malattia, quando le caratteristiche del tumore o la progressione della malattia epatica non consentono interventi terapeutici risolutivi.
Poter disporre di un metodo di screening semplice e ripetibile, in grado di identificare la neoplasia anche nelle prime fasi del suo sviluppo, è certamente un’opzione che può cambiare radicalmente la storia clinica di questa diffusa malattia oncologica.
Franco Folino