I disturbi respiratori del sonno comprendono una serie di differenti anomalie, tra cui il russamento, l’apnea ostruttiva del sonno, l’apnea del sonno di origine centrale, i risvegli respiratori e l’ipoventilazione.
La maggior parte dei pazienti con insufficienza cardiaca presenta disturbi respiratori del sonno, con una prevalenza stimata fino all’80%, sia nei casi con frazione di eiezione ridotta o preservata. In maggioranza si tratta di apnee di origine centrale, in particolare nei pazienti con malattia più grave.
L’offerta terapeutica per le alterazioni respiratorie durante il sonno si è notevolmente ampliata nel corso degli ultimi anni. In passato le uniche opzioni terapeutiche disponibili erano la ventilazione a pressione positiva continua (CPAP) e la ventilazione a doppio livello di pressione. Successivamente, nel corso degli anni, sono state introdotte altre modalità di ventilazione quali la CPAP automatica, la Average Volume Assured Pressure Support (AVAPS), la ventilazione servo-adattativa, la pressione positiva continua bifasica automatica (BiPAP), sino alla modalità più recente, la pressione positiva variabile automatica (auto VPAP) o la Timed Adaptive mode (TA-mode), automatica auto-adattativa.
Gli studi SERVE-HF e CAT-HF
Alcuni studi hanno tentato valutare se il trattamento delle apnee respiratorie con ventilazione servo-adattativa nei pazienti con scompenso cardiaco era in grado di far evolvere in senso positivo il quadro cardiologico ma, al contrario, i risultati non solo non hanno dimostrato un miglioramento della malattia, ma hanno addirittura evidenziato esiti clinici peggiori.
Il capostipite di questi studi è stato il SERVE-HF, pubblicato alla fine del 2015. Uno studio multicentrico che ha arruolato 1.325 pazienti, con una frazione di eiezione ventricolare sinistra inferiore o uguale al 45% e una classe NYHA III o IV, o una classe NYHA II in presenza di almeno un’ospedalizzazione correlata allo scompenso cardiaco, nei 24 mesi precedenti alla randomizzazione. I pazienti sono stati quindi divisi in due gruppi: terapia medica ottimale più la ventilazione assistita adattiva o sola terapia medica ottimale. L’endpoint primario era costituito dalla morte per qualsiasi causa, dall’intervento salvavita cardiovascolare o dall’ospedalizzazione non pianificata per il peggioramento dell’insufficienza cardiaca. L’analisi intention-to-treat non mostrò differenze sull’endpoint finale composito; tuttavia, vi fu un inaspettato ma significativo aumento della morte per tutte le cause, e della morte cardiovascolare, nel gruppo trattato con ventilazione servo-adattativa, nel corso di un follow-up medio di 31 mesi.
L’anno successivo, un altro studio dal disegno simile, lo studio CAT-HF, fu sospeso precocemente a causa di problemi di sicurezza nei pazienti con scompenso cardiaco, con frazione di eiezione del ventricolo sinistro ≤ 45% e apnea del sonno di prevalente origine centrale.
Tuttavia, altri studi hanno dimostrato che la ventilazione servo-adattativa nei pazienti con insufficienza cardiaca riduce la gravità dell’alterazione respiratoria, migliora la capacità di esercizio, aumenta la frazione di eiezione ventricolare sinistra, nei pazienti con valori basali ridotti, e diminuisce il diametro atriale sinistro nei pazienti con frazione di eiezione preservata.
Uno studio sul rimodellamento cardiaco
Nel tentativo di rivelare se la ventilazione servo-adattativa causi dei cambiamenti deleteri nella struttura e nella funzione cardiaca, tali da spiegare la maggiore mortalità tra pazienti con insufficienza cardiaca con apnea centrale del sonno, un recente studio, pubblicato sull’American Heart Journal, ha valutato l’impatto di questo trattamento sul rimodellamento cardiaco, analizzando pazienti con frazione di eiezione ridotta o conservata, inclusi nello studio CAT-HF, mediante indagini ecocardiografiche seriali.
I pazienti selezionati presentavano una insufficienza cardiaca acuta scompensata e disturbi respiratori del sonno e sono stati randomizzati ad un trattamento con ventilazione servo-adattativa e terapia medica ottimale, oppure alla sola terapia medica ottimale.
Dopo 6 mesi di follow-up, la frazione di eiezione è migliorata del 4,3% nel gruppo di trattamento e del 4,6% nel gruppo di controllo; a questo intervallo temporale tutti i parametri delle dimensioni del ventricolo sinistro e della funzione sistolica erano simili tra i due gruppi.
Al contrario, l’indice del volume atriale sinistro è diminuito di quasi il doppio tra i pazienti con frazione di eiezione ridotta trattati con ventilazione servo-adattativa rispetto al gruppo di controllo, mentre il gruppo di controllo ha dimostrato un miglioramento più accentuato della funzione ventricolare destra.
I pazienti con una frazione di eiezione conservata, trattati con ventilazione servo-adattativa, hanno evidenziato inoltre una diminuzione della dimensione atriale sinistra, maggiore rispetto a quella riscontrata nei pazienti inclusi nel gruppo di controllo.
Sempre a 6 mesi, l’entità del rimodellamento cardiaco era simile tra i due gruppi di pazienti.
Gli endpoint clinici considerati, ovvero ospedalizzazione cardiovascolare, distanza percorsa nel test dei 6 minuti, concentrazione di NT-proBNP, non sono risultati significativamente differenti tra i pazienti trattati con ventilazione servo-adattativa rispetto a quelli del gruppo di controllo. Peraltro, i pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione preservata o ridotta trattati con terapia respiratoria hanno avuto una diminuzione più consistente nei valori complessivi dell’indice apnea-ipopnea, e un miglioramento nella severità del disturbo respiratorio del sonno, rispetto a quelli trattati con sola terapia medica.
Questi risultati sembrano quindi indicare che i pazienti con insufficienza cardiaca, frazione di eiezione ridotta e disturbi respiratori del sonno, hanno un sostanziale rimodellamento cardiaco inverso.
D’altra parte, i pazienti che avevano ricevuto una ventilazione servo-adattativa presentavano una maggiore riduzione dei volumi atriali sinistri, sia nei pazienti con frazione di eiezione conservata sia in quelli con frazione di eiezione ridotta, suggerendo che la terapia respiratoria possa influenzare in qualche modo la funzione diastolica.
Lo studio fornisce quindi interessanti informazioni sull’evoluzione delle alterazioni del cuore in pazienti con insufficienza cardiaca e disturbi del sonno, trattati o meno con dispositivi di assistenza ventilatoria, ma non riesce ancora a dar ragione all’incremento della mortalità evidenziata nei pazienti trattati con ventilazione assistita adattiva.
Franco Folino