Con il passare del tempo, sono sempre più i pazienti con fibrillazione atriale che sono posti in trattamento con anticoagulanti diretti per la prevenzione degli eventi tromboembolici. Questi nuovi farmaci hanno dimostrato di essere almeno sovrapponibili agli antagonisti della vitamina K, per quanto riguarda la profilassi tromboembolica, ma superiori alla terapia più datata sul rischio di eventi emorragici.
C’era però un aspetto che non era stato ancora indagato, ovvero se le nuove molecole erano più o meno efficaci degli antagonisti della vitamina K nel prevenire gli infarti del miocardio.
A colmare questa lacuna ha pensato un gruppo di ricercatori danesi che ha confrontato il rischio di infarto miocardico in pazienti con fibrillazione atriale trattati con apixaban, dabigatran, rivaroxaban o antagonisti della vitamina K.
Sono stati inclusi nella sperimentazione oltre 31.000 pazienti, derivati da un registro sanitario della Danimarca. I risultati hanno evidenziato un rischio per infarto miocardico minore nei pazienti trattati con anticoagulanti diretti rispetto agli antagonisti della vitamina K, Così in questi ultimi è risultato dell’1,6%, per apixaban e dabigatran 1,2%, mentre per rivaroxaban era dell’1,1%. Nessuna differenza significativa di rischio è stata osservata nei rischi standardizzati a 1 anno confrontando i nuovi anticoagulanti orali tra loro. Questo studio aggiunge così, se pur ce ne fosse stato bisogno, una ragione in più per preferire gli anticoagulanti diretti. Considerato il profilo dei pazienti in cui solitamente compare la fibrillazione atriale, solitamente marcato da più comorbilità, e che è necessario trattare con antitrombotici, poter disporre di un farmaco che riduce il rischio di eventi cardiovascolari così rilevanti come gli infarti non è un vantaggio da poco.
Franco Folino