Un recente studio, pubblicato lo scorso 14 dicembre sul New England Journal of Medicine, ha dimostrato l’efficacia della radioterapia stereotassica nel trattamento delle tachicardie ventricolari refrattarie alla terapia medica, in un piccolo gruppo di pazienti.
Si tratta del primo studio clinico che ha utilizzato questa metodica non invasiva, in alternativa alla classica ablazione transcatetere.
L’ablazione transcatetere delle tachicardie ventricolari
La tachicardia ventricolare monomorfa che si registra in pazienti con infarto del miocardio, si innesca solitamente in regioni di tessuto miocardico vitale accostate a tessuto cicatriziale, caratterizzato da una conduzione elettrica rallentata. Le interconnessioni tra le differenti miofibrille costituiscono un substrato in grado di sostenere lo sviluppo di aritmie da rientro.
Anche nelle fasi tardive dall’evento ischemico, la progressiva fibrosi e il successivo rimodellamento ventricolare possono portare all’insorgenza di aritmie ventricolari ripetitive con il medesimo meccanismo.
D’altra parte numerosi studi hanno confermato come la presenza di tachicardie ventricolari sia un marker prognostico sfavorevole e che l’impianto di un defibrillatore sia la strategia terapeutica quasi sempre più efficace per il loro trattamento.
Un’alternativa all’utilizzo di un defibrillatore impiantabile è fornita dall’ablazione transcatetere, che attraverso una lesione focale, indotta dalle onde a radiofrequenza, interrompe le zone a conduzione lenta, impedendo l’innesco della tachicardia.
Perché l’ablazione sia efficace, è necessaria una precisa identificazione del sito in cui l’aritmia ha origine. Questa si ottiene attraverso una mappatura della tachicardia, attraverso cateteri di registrazione che forniscono un’immagine tridimensionale dell’attivazione elettrica del cuore.
Le linee guida 2015 della Società Europea di Cardiologia, raccomandano l’ablazione transcatetere delle tachicardie ventricolari monomorfe in tre situazioni:
- L’ablazione transcatetere urgente è raccomandata nei pazienti con malattia cardiaca legata a una cicatrice, che presentino una tachicardia ventricolare incessante o una tempesta elettrica (Classe I).
- L’ablazione transcatetere è raccomandata in pazienti con cardiopatia ischemica e shock ricorrenti del defibrillatore impiantabile, dovuti a tachicardia ventricolare sostenuta (Classe I).
- L’ablazione con catetere dovrebbe essere considerata dopo un primo episodio di tachicardia ventricolare sostenuta in pazienti con cardiopatia ischemica e portatori di defibrillatore (Classe IIa).
Ma l’ablazione transcatetere non è indicata solo in pazienti con cardiopatia coronarica, così come indicato dalle stesse linee guida. Questa metodica ha dimostrato di poter essere efficace anche nella soppressione di tachicardie ventricolari presenti in cardiopatie non ischemiche, in cui l’aritmia origini esclusivamente da un sito ben preciso e identificabile, e sia refrattaria alla terapia medica.
La radioterapia stereotassica
La radioterapia stereotassica, a volte chiamata radiochirurgia, è un tipo di radioterapia in grado di inviare le radiazioni con estrema precisione, applicando la terapia solo dove è necessaria. Queste apparecchiature speciali sono solitamente utilizzate nella cura delle neoplasie, in particolari quelle cerebrali e polmonari. Ma hanno dato risultati positivi anche nel trattamento di altre malattie neurologiche.
Il risultato finale del trattamento è l’erogazione di alte dosi di radiazioni, solitamente somministrate in sedute successive, con precisione sub-millimetrica.
Lo studio
Questo nuovo studio, condotto da un gruppo di ricercatori della Washington University di St. Louis, si basa sul presupposto che l’integrazione di tecniche di immagine, come la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata, a sistemi di rilevazione dell’attività elettrica del cuore tramite elettrodi, consenta una precisa localizzazione della sede anatomica dove si sviluppa una tachicardia ventricolare.
Gli sperimentatori hanno quindi utilizzato queste tecniche d’immagine e successivamente impiegato le informazioni topografiche raccolte per dirigere il fascio di radiazioni ionizzanti prodotto da una macchina appositamente dedicata (TrueBeam, Varian Medical Systems). Hanno così eseguito un’ablazione non invasiva del sito dove si sviluppava l’aritmia.
La procedura è stata applicata su cinque pazienti, in classe NYHA III o IV, quattro dei quali con cardiopatia non ischemica.
I pazienti sono stati trattati con una singola dose di 25 Gy, senza alcun tipo di sedazione.
Il numero di tachicardie ventricolari registrate sì è ridotto drasticamente dopo il trattamento, passando da un totale di 6577 episodi nei tre mesi precedenti, ai 680 episodi nelle sei settimane successive all’ablazione, periodo considerato ancora critico per i fenomeni infiammatori locali ancora attivi, fino ai 4 episodi di tachicardia ventricolare durante i successivi 46 mesi-paziente, con una riduzione relativa del 99,9% rispetto alla valutazione basale.
Dopo il trattamento, i pazienti sono stati dimessi entro un periodo di 1-3 giorni. Non sono stati osservati malfunzionamenti del defibrillatore e non sono stati evidenziati versamenti pericardici. La frazione di eiezione del ventricolo sinistro, misurata all’eco, è risultata più elevata dopo la procedura, mediamente di un 6%.
Una tomografia computerizzata eseguita a tre mesi, ha evidenziato segni di infiammazione a livello del tessuto polmonare, risolti quasi completamente a dodici mesi. Un paziente, il più anziano (83 anni), ha avuto un ictus fatale tre settimane dopo il trattamento. Aveva una fibrillazione atriale, ma non assumeva anticoagulanti per un elevato rischio emorragico. Rimane il dubbio se l’ictus sia stato associato al trattamento o alle condizioni cliniche preesistenti.
Questo studio sembra quindi offrire ottime basi per un utilizzo futuro di questa nuova metodica nel trattamento delle aritmie ventricolari. Se i risultati saranno confermati da studi su campioni più consistenti, si aprirà la strada verso un utilizzo più ampio della procedura, grazie alla sua scarsa invasività e ai limitati effetti avversi.
Franco Folino
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