Dalla realizzazione del primo pacemaker impiantabile, nel 1958 è passato molto tempo, ma da allora questi dispositivi hanno iniziato un lungo cammino, segnato da continui miglioramenti tecnologici.
Nel corso di questi decenni i pacemaker, dispositivi tanto sofisticati tecnologicamente quanto semplici nel loro principio di funzionamento, hanno salvato milioni di vite subentrando alla perduta conduzione elettrica all’interno del cuore.
Così come in altri dispositivi elettronici più comuni, come i telefonini, la riduzione delle dimensioni dei pacemaker è andata di pari passo con l’evoluzione delle pile che lo alimentano. Oggi però il problema della batteria sembra ormai superato e viene presentato un nuovo pacemaker temporaneo più piccolo di un chicco di riso, privo di qualsiasi pila, in grado di mediare una stimolazione cardiaca efficace nei modelli animali e nei tessuti cardiaci umani.
Questo piccolissimo dispositivo, presentato in una ricerca pubblicata sulla rivista Nature, non dispone di fili per il collegamento al tessuto cardiaco, che è assicurato dal corpo del dispositivo stesso. Neppure serve sostituirlo o estrarlo, perché alla fine della sua vita viene riassorbito.
Un pacemaker come questo non è certo dedicato a tutti i pazienti con problemi di conduzione, ma consente in casi particolari di fare impianti minimamente invasivi e ridurre il rischio complessivo del trattamento.
I pacemaker temporanei tradizionali richiedono interventi chirurgici invasivi che comportano comunque dei rischi, per quanto molto contenuti, come ematomi, infezioni, danni al muscolo cardiaco o ai polmoni. Questi rischi sono più accentuati nei pazienti molto giovani o con piccole dimensioni corporee.
Gli interventi chirurgici cardiaci pediatrici
“Abbiamo sviluppato quello che è, a nostra conoscenza, il pacemaker più piccolo del mondo”, ha affermato il pioniere della bioelettronica della Northwestern John A. Rogers, che ha guidato lo sviluppo del dispositivo. “C’è un’esigenza cruciale di pacemaker temporanei nel contesto degli interventi chirurgici cardiaci pediatrici, e questo è un caso d’uso in cui la miniaturizzazione delle dimensioni è incredibilmente importante. In termini di carico del dispositivo sul corpo, più piccolo è, meglio è”.
“La nostra motivazione principale erano i bambini”, ha affermato il cardiologo sperimentale della Northwestern Igor Efimov, che ha co-diretto lo studio. “Circa l’1% dei bambini nasce con difetti cardiaci congeniti, indipendentemente dal fatto che vivano in un paese con poche o molte risorse. La buona notizia è che questi bambini hanno bisogno solo di una stimolazione temporanea dopo un intervento chirurgico. In circa sette giorni, il cuore della maggior parte dei pazienti si autoripara. Ma quei sette giorni sono assolutamente critici. Ora, possiamo posizionare questo piccolo pacemaker sul cuore di un bambino e stimolarlo con un dispositivo morbido, delicato e indossabile. E non è necessario alcun intervento chirurgico aggiuntivo per rimuoverlo”.
Soddisfare un’esigenza clinica insoddisfatta
Questo lavoro si basa su una precedente collaborazione tra Rogers ed Efimov, in cui hanno sviluppato il primo dispositivo riassorbibile per la stimolazione temporanea. Molti pazienti necessitano di pacemaker temporanei dopo un intervento chirurgico al cuore, sia in attesa di un pacemaker permanente sia per aiutare a ripristinare una frequenza cardiaca normale durante la convalescenza.
Per l’attuale standard di cura, i chirurghi cuciono gli elettrodi sul muscolo cardiaco durante l’intervento chirurgico. I fili degli elettrodi escono dalla parte anteriore del torace del paziente, dove si collegano a una scatola di stimolazione esterna che eroga una corrente per controllare il ritmo cardiaco.
Quando il pacemaker temporaneo non è più necessario, i medici rimuovono gli elettrodi del pacemaker. Le possibili complicazioni includono infezione, dislocamento, tessuti strappati o danneggiati, sanguinamento ed ematomi. “I fili sporgono letteralmente dal corpo, attaccati a un pacemaker esterno al corpo”, ha affermato Efimov. “Quando il pacemaker non è più necessario, un medico li estrae. I fili possono essere avvolti da tessuto cicatriziale. Quindi, quando vengono estratti possono danneggiare il muscolo cardiaco. È così che è morto Neil Armstrong. Aveva un pacemaker temporaneo dopo un intervento di bypass. Quando i fili sono stati rimossi, ha avuto un’emorragia interna”.
Il dispositivo sottile, flessibile e leggero ha eliminato la necessità di batterie ingombranti e hardware rigido, compresi i fili. Il laboratorio di Rogers aveva precedentemente inventato il concetto di medicina elettronica bioriassorbibile, ovvero dispositivi elettronici che forniscono un beneficio terapeutico al
paziente e poi si dissolvono senza danni nel corpo come suture riassorbibili. Variando la composizione e lo spessore dei materiali in questi dispositivi, il team di Rogers può controllare
il numero preciso di giorni in cui rimangono funzionali prima di dissolversi.
Una batteria alimentata dal fluido corporeo
Un primo pacemaker riassorbibile realizzato da gruppo funzionava bene negli studi preclinici sugli animali, ma i chirurghi cardiaci hanno chiesto di rendere il dispositivo più piccolo, adatto così ai pazienti più piccoli.
Il dispositivo era alimentato da protocolli di comunicazione in prossimità, la stessa tecnologia utilizzata negli smartphone per i pagamenti elettronici e nei tag RFID, che richiedeva un’antenna integrata. “Il nostro pacemaker originale funzionava bene”, ha affermato Rogers. “Era sottile, flessibile e completamente riassorbibile. Ma le dimensioni della sua antenna ricevente limitavano la nostra capacità di miniaturizzarlo. Invece di utilizzare lo schema di radiofrequenza per il controllo wireless, abbiamo sviluppato uno schema basato sulla luce per accendere il pacemaker e inviare impulsi di stimolazione alla superficie del cuore. Questa è una caratteristica che ci ha consentito di ridurre drasticamente le dimensioni”.
Per contribuire a ridurre ulteriormente le dimensioni del dispositivo, i ricercatori hanno anche reinventato la sua fonte di alimentazione. Invece di utilizzare la comunicazione in prossimità per fornire energia, il nuovo, minuscolo pacemaker funziona tramite l’azione di una cella galvanica, un tipo di batteria semplice che trasforma l’energia chimica in energia elettrica. Nello specifico, il pacemaker utilizza due metalli diversi come elettrodi per inviare impulsi elettrici al cuore. Quando sono a contatto
con i biofluidi circostanti, gli elettrodi formano una batteria. Le reazioni chimiche risultanti fanno sì che la corrente elettrica scorra per stimolare il cuore.
“Quando il pacemaker viene impiantato nel corpo, i biofluidi circostanti agiscono come elettroliti conduttori che uniscono così due cuscinetti metallici per formare la batteria”, ha affermato Rogers. “Un minuscolo interruttore attivato dalla luce sul lato opposto alla batteria ci consente di accendere il dispositivo dallo stato ‘spento’ allo stato ‘acceso’ quando viene erogata la luce che attraversa il corpo del paziente dal cerotto montato sulla pelle”.
Il cuore stimolato dalla luce
I ricercatori hanno utilizzato una lunghezza d’onda infrarossa della luce che penetra in profondità e in modo sicuro nel corpo. Così, se la frequenza cardiaca del paziente scende al di sotto di una certa frequenza, il dispositivo indossabile, posto sulla superficie del torace, rileva l’evento e attiva una emissione luminosa. La luce, quindi, lampeggia a una velocità che corrisponde alla normale frequenza cardiaca. Di conseguenza il pacemaker stimola il cuore allo stesso ritmo.
“La luce infrarossa penetra molto bene nel corpo”, ha detto Efimov. “Se metti una torcia contro il palmo della mano, vedrai la luce brillare attraverso l’altro lato della mano. Si scopre che i nostri corpi sono ottimi conduttori di luce”.
Anche se il pacemaker è così piccolo, misurando solo 1,8 millimetri di larghezza, 3,5 millimetri di lunghezza e 1 millimetro di spessore, fornisce comunque la stessa stimolazione di un pacemaker di dimensioni standard. “Il cuore richiede una piccola quantità di stimolazione elettrica”, ha detto Rogers. “Riducendo al minimo le dimensioni, semplifichiamo notevolmente le procedure di impianto, riduciamo i traumi e i rischi per il paziente e, con la natura riassorbibile del dispositivo, eliminiamo qualsiasi necessità di procedure di estrazione chirurgica secondaria”.
Più di un pacemaker all’interno del cuore
Poiché i dispositivi sono così piccoli, i medici potrebbero impiantarne più di uno nel cuore, e poi controllarne ciascuno in modo indipendente, con faci di luce di differenti colori. L’uso di più pacemaker con questa modalità consente una sincronizzazione più sofisticata dell’attività elettrica cardiaca rispetto alla stimolazione tradizionale, avvicinandosi a quella fisiologica. In casi speciali, diverse aree del cuore possono essere stimolate a ritmi diversi, ad esempio, per interrompere le aritmie.
“Possiamo distribuire un certo numero di questi piccoli pacemaker all’esterno del cuore e controllarne ciascuno”, ha affermato Efimov. “Quindi possiamo ottenere una migliore assistenza funzionale sincronizzata. Potremmo anche incorporare i nostri pacemaker in altri dispositivi medici come le valvole cardiache artificiali, che possono causare un blocco cardiaco”.
“Poiché è così piccolo, questo pacemaker può essere integrato con quasi tutti i tipi di dispositivo impiantabile”, ha affermato Rogers. “Abbiamo anche dimostrato l’integrazione di raccolte di questi dispositivi attraverso le valvole aortiche artificiali che si utilizzano per le sostituzioni transcatetere. In questi casi, i piccoli pacemaker possono essere attivati quando necessario per affrontare le complicazioni che possono verificarsi durante la procedura. Quindi questo è solo un esempio di come possiamo migliorare gli impianti tradizionali fornendo una stimolazione più funzionale”.
La versatilità della tecnologia apre un’ampia gamma di altre possibilità per l’uso in medicine bioelettroniche, tra cui aiutare i nervi e le ossa a guarire, curare le ferite e bloccare il dolore.