Home Cardiologia Tirzepatide: doppio meccanismo, doppia efficacia, una svolta nel trattamento dell’insufficienza cardiaca e...

Tirzepatide: doppio meccanismo, doppia efficacia, una svolta nel trattamento dell’insufficienza cardiaca e dell’obesità

259
0
Human Chest Cavity illustration: Right lung, left lung, heart copyright American Heart Association

Già da alcuni anni i farmaci agonisti del GLP-1 hanno dimostrato la loro efficacia non solo nella cura del diabete, ovvero la malattia per cui sono stati sviluppati, ma anche per la riduzione del peso corporeo.

Questi medicinali, di cui exenatide è stata la capostipite, imitano l’azione di un ormone prodotto nell’intestino, chiamato GLP-1 (glucagon-like peptide-1; il peptide-1 simile al glucagone). Quando queste molecole si legano all’omonimo recettore (GLP-1R) attivano una serie di risposte biologiche che aiutano a regolare i livelli di glucosio nel sangue. Tra queste, le principali sono un aumento della secrezione di insulina, la riduzione della secrezione di glucagone, il rallentamento dello svuotamento gastrico e l’induzione della sensazione di sazietà. Proprio questi due ultimi effetti contribuiscono in gran parte a favorire una perdita di peso, ma un ruolo importante lo gioca anche lo stesso miglioramento del controllo glicemico.

Lo studio SUMMIT

Uno dei più recenti farmaci agonisti GLP-1 è tirzepatide, approvato per la vendita in Italia dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) il 9 ottobre 2024. Le sue indicazioni sono il trattamento dell’obesità, del sovrappeso, in presenza di almeno una comorbidità, e del diabete di tipo 2.

Oltre a questi effetti principali sembra però che tirzepatide produca anche altri effetti particolarmente favorevoli per la salute. Un recente studio (SUMMIT), pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha infatti evidenziato che questo farmaco è in grado di ridurre il rischio di morte per cause cardiovascolari o il peggioramento dell’insufficienza cardiaca nei pazienti con frazione di eiezione conservata e obesità.

Questa nuova ricerca, randomizzata e controllata con placebo, condotta in doppio cieco, ha studiato 731 pazienti con insufficienza cardiaca, una frazione di eiezione di almeno il 50% e un indice di massa corporea (il peso in chilogrammi diviso per il quadrato dell’altezza in metri) di almeno 30. A loro è stata quindi somministrata tirzepatide (fino a 15 mg per via sottocutanea una volta alla settimana) o placebo per almeno 52 settimane.

I due endpoint primari dello studio erano un composito di morte per cause cardiovascolari o un peggioramento dell’insufficienza cardiaca e la variazione dal basale a 52 settimane nel punteggio del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ-CSS; un indice che valuta la qualità della vita).

Studio SUMMIT: i risultati

L’end point primario si è verificato in 36 pazienti (9,9%) nel gruppo tirzepatide e in 56 pazienti (15,3%) nel gruppo placebo (hazard ratio 0,62). Il peggioramento dell’insufficienza cardiaca si è verificato in 29 pazienti (8,0%) nel gruppo tirzepatide e in 52 pazienti (14,2%) nel gruppo placebo (hazard ratio 0,54) e la morte per cause cardiovascolari si è verificata rispettivamente in 8 pazienti (2,2%) e 5 pazienti (1,4%) (hazard ratio 1,58).

A 52 settimane, la variazione media del KCCQ-CSS è stata di 19,5±1,2 nel gruppo tirzepatide rispetto a 12,7±1,3 nel gruppo placebo. Eventi avversi, principalmente gastrointestinali, hanno portato all’interruzione del farmaco sperimentale in 23 pazienti (6,3%) nel gruppo tirzepatide e in 5 pazienti (1,4%) nel gruppo placebo.

Uno ricerca mirata a pazienti ben definiti

Per valutare in modo corretto i risultati di questo studio, condotto certamente in modo ineccepibile, vanno tenute a mente le caratteristiche dei pazienti coinvolti nella sperimentazione.

Innanzitutto, erano pazienti con insufficienza cardiaca, ma con frazione di eiezione conservata all’ecocardiogramma.

Questo tipo di insufficienza cardiaca, in passato conosciuta come insufficienza cardiaca diastolica, è caratterizzata da una frazione di eiezione ventricolare sinistra maggiore o uguale al 50% e un aumento spontaneo o provocabile delle pressioni di riempimento del ventricolo sinistro. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare è una forma piuttosto comune di insufficienza cardiaca, rappresentando circa la metà delle diagnosi di questa malattia.

La maggior parte dei pazienti (72-73%) era in classe NYHA II, quindi non presentava sintomi particolarmente invalidanti (nonostante nella discussione i ricercatori affermino che i pazienti avessero una marcata limitazione dello stato di salute e della tolleranza all’esercizio fisico). Fatto confermato dai valori medi di NT-proBNP che non erano poi così elevati nei due gruppi (169 nel gruppo placebo, 196 nel gruppo tirzepatide).

L’indice di massa corporea era 38 in entrambi i gruppi e circa la metà (48%) aveva un diabete di tipo 2.

Va infine sottolineato che a poco meno di un terzo dei pazienti (29-31%) era già stata diagnosticata una cardiopatia coronarica.

Tirzepatide: un meccanismo d’azione duplice

Tenendo bene a mente le caratteristiche dei pazienti studiati, questa nuova ricerca, finanziata dalla casa farmaceutica Eli Lilly, evidenzia senza dubbi una discreta efficacia di tirzepatide nel ridurre il rischio di morte per cause cardiovascolari o un peggioramento dell’insufficienza cardiaca.

Sappiamo che l’obesità fa aumentare di per sé il rischio di sviluppare un’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata.

Questo nuovo farmaco ha il pregio di agire attraverso un doppio meccanismo d’azione: come agonista dei recettori GLP-1, e come agonista dei recettori GIP (glucose-dependent insulinotropic polypeptide).

Legandosi ai recettori GLP-1 nel pancreas, tirzepatide aumenta la secrezione di insulina in risposta ai pasti e riduce la secrezione di glucagone, migliorando il controllo della glicemia. Un miglioramento facilitato anche dal legame con i recettori GIP, che sono coinvolti nella regolazione dell’insulina post-prandiale. Il GIP è considerato un ormone insulinotropico dominante e ha dimostrato un ruolo più forte nella secrezione di insulina dopo i pasti rispetto al GLP-1.

Questo doppio meccanismo di azione consente al farmaco di esercitare effetti rilevanti sia sulla riduzione della glicemia che sulla perdita di peso.

La salute cardiovascolare dei pazienti con insufficienza cardiaca

Tirzepatide viene somministrata con un’iniezione sottocutanea settimanale e la terapia può durare fino a 72 settimane. I più comuni effetti collaterali comprendono nausea, diarrea e possibili complicazioni gastrointestinali.

Questo nuovo studio apre le porte a questa molecola per il suo impiego non solo per la cura del diabete e dell’obesità, ma anche per migliorale la salute cardiovascolare dei pazienti con insufficienza cardiaca a frazione di eiezione conservata.

 

Franco Folino

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui