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Studiare gli anelli delle piante per conoscere meglio il nostro pianeta

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Gli anelli del legno si confermano una fonte inesauribile d’informazioni scientifiche. Grazie alla più vasta collaborazione mai realizzata dalla comunità scientifica dei dendrocronologi è stato possibile determinare per la prima volta l’estensione su scala globale e la tempistica stagionale del rapido aumento delle concentrazioni atmosferiche di radiocarbonio (14C), relativo a due eventi verificatisi negli anni 774 e 993 AD.

La ricerca, pubblicata su Nature Communications ha coinvolto 67 studiosi di 57 istituti di tutto il mondo, tra cui due italiani: Mauro Bernabei dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ivalsa) di San Michele all’Adige (Tn) e Marco Carrer dell’Università di Padova. I ricercatori hanno analizzato gli anelli del legno provenienti da alberi viventi, legni storici, scavi archeologici e resti di legni subfossili appartenenti a 27 specie da cinque continenti.

I radioisotopi assorbiti dalle piante

Nell’anno 774 AD si verificò un aumento repentino della concentrazione atmosferica di radiocarbonio pari a circa 20 volte il tasso normale: un episodio associato anche a un aumento della concentrazione dell’isotopo del Berillio (10BE) rilevato nelle carote di ghiaccio dell’Antartide. Il picco è stato datato analizzando piante di Cryptomeria japonica, un albero giapponese. Un evento simile, di minore intensità, avvenne nel 993 AD. Fino ad oggi non si sapeva con certezza se tali eventi fossero stati globali e la loro datazione era messa in dubbio dall’ipotesi che una grande eruzione vulcanica avesse impedito la formazione degli anelli di accrescimento delle piante in alcune aree geografiche.

“L’iniziativa, denominata COSMIC, ha consentito di fugare qualsiasi ipotesi sulla scomparsa degli anelli di accrescimento in conseguenza di eruzioni e di dimostrare la precisione annuale delle 44 serie dendrocronologiche più lunghe del mondo, tra cui quella plurimillenaria realizzata dal Cnr-Ivalsa in Trentino”, spiega Bernabei. “Inoltre, il progetto ha dimostrato come la concentrazione media di radiocarbonio atmosferico sia generalmente più elevata alle latitudini settentrionali. Tale gradiente di diminuzione meridionale, all’interno e tra gli emisferi, era finora sconosciuto e sarà certamente oggetto di future ricerche”.

Un modello di precisione

L’individuazione di un modello universale per la datazione di precisione, che prende in considerazione interi continenti ed emisferi, costituisce una risorsa preziosa per la ricerca in campo climatico e ambientale, che interessa diversi settori disciplinari.

“I risultati ottenuti evidenziano inoltre la necessità di stabilire una curva di calibrazione per le datazioni al radiocarbonio a risoluzione annuale, che fornirebbe una datazione senza precedenti in vari campi delle scienze naturali e umanistiche”, sottolinea Carrer. “La collocazione cronologica esatta dei due picchi di 14C costituisce infatti un cardine fondamentale per calibrazioni di precisione nella datazione al radiocarbonio. Inoltre, studi sulle variazioni della concentrazione di 14C atmosferico nel tempo porteranno a una più profonda comprensione della frequenza, grandezza e origine degli eventi cosmici del passato, come ad esempio tempeste o brillamenti solari, aurore boreali e comete. Un evento simile a quello dell’anno 774, oggi causerebbe danni inimmaginabili alla tecnologia elettromagnetica, a satelliti e trasformatori collegati alla rete elettrica”.

Questo studio comparativo offre una ulteriore prova della precisione della datazione dendrocronologica e fornisce importanti informazioni per valutare la potenziale minaccia degli eventi cosmici sulle nostre attività.

 

 

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