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Le alterazioni della flora intestinale indotte da farmaci non-antibiotici

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Il microbioma umano è l’insieme dei microrganismi che vivono su di noi. Dalla pelle alla saliva, dagli occhi all’intestino. Dobbiamo considerarlo come uno dei componenti più complessi del nostro corpo, coinvolto in numerose funzioni vitali. Negli ultimi anni differenti studi clinici hanno evidenziato la sua partecipazione attiva nella modulazione del sistema immunitario e metabolico, nonché nell’inibizione allo sviluppo di cellule neoplastiche (leggi l’articolo in altra parte del giornale).

Al tempo stesso sappiamo che l’uso di antibiotici può influenzare significativamente la composizione del microbioma, in particolare di quello intestinale, con effetti che dipendono non solo dalla natura chimica dell’antibiotico, o dall’associazione di antibiotici usati per trattare infezioni specifiche, ma anche dal tipo di somministrazione, dalla durata della cura e dalla dose.

Sappiamo inoltre che non tutti i batteri che compongono il microbioma sono vulnerabili o reattivi a diversi trattamenti con antibiotici, tuttavia questi effetti sono ancora poco studiati.

Ma non sono solo gli antibiotici ad avere un impatto sul nostro microbioma. Anche altri tipi di farmaci possono influenzarlo, cambiandone sensibilmente la composizione. Tra questi vi sono la metformina, gli inibitori di pompa protonica e i farmaci antiinfiammatori non steroidei.

Nel numero del 29 marzo, la rivista Nature ha pubblicato un articolo che analizza gli effetti di 835 farmaci, non-antibiotici, sulla flora intestinale umana. Gli effetti sono stati confrontati con quelli di 244 farmaci anti-infettivi (156, antibiotici, antisettici; 88, antivirali, antifungini, antiparassitari).

Dei 156 antibatterici testati, il 78% si è dimostrato attivo contro almeno una specie di battere intestinale, colpendo indiscriminatamente agenti patogeni e commensali.

Anche i farmaci non-antibiotici hanno però evidenziato un effetto importante sulla flora intestinale. Ben il 27% degli anti-infettivi non-antibiotici (antivirali, antifungini, antiparassitari) si sono dimostrati attivi in questo senso. In particolare, oltre la metà degli anti-infettivi contro virus o eucarioti hanno dimostrato un’attività anticommensale.

Ancor più importante è stata la dimostrazione che la stessa attività è esercitata dal 24% degli altri farmaci analizzati nello studio. La maggior parte di questi erano efficaci solo contro alcuni ceppi, con l’eccezione di 40 farmaci che colpivano almeno 10 ceppi.

Le specie batteriche hanno mostrato varie risposte alle droghe, dove la Rosaburia intestinalis, l’Eubacterium rectale e il Bacteroides vulgatus sono risultati i più sensibili, mentre i γ -proteobatteri quelli più resistenti. Le specie con maggiore abbondanza nell’intestino di soggetti sani sono state quelle più sensibili ai farmaci.

Per quanto riguarda le dosi di farmaco utilizzate, si è visto come le molecole dotate di attività anticommensale avevano una concentrazione plasmatica più bassa, cosi come una concentrazione intestinale stimata inferiore, rispetto a quelli senza tale attività.

I farmaci di tutte le principali aree della classificazione Anatomica Terapeutica Chimica hanno mostrato attività anticommensale, più marcata per antineoplastici, ormoni e molecole che mirano al sistema nervoso. Antimetaboliti, antipsicotici e bloccanti dei canali del calcio sono risultati tra i più aggressivi.

Uno degli aspetti più interessanti di questo studio è però la dimostrazione che anche farmaci non-antibiotici possono indurre fenomeni di resistenza come gli antibiotici, probabilmente attraverso specifici meccanismi condivisi da entrambi i gruppi di farmaci.

Considerato il crescente impatto della resistenza agli antibiotici questa induzione indotta da farmaci non-antibiotici necessiterà in futuro ulteriori studi, per definirne i precisi meccanismi e le possibilità di intervento.

 

Volume 555 Issue 7698

 

Lisa Maier, et al. Extensive impact of non-antibiotic drugs on human gut bacteria. Nature 218;555:623.

 

 

 

 

 

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