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Ipertensione arteriosa: un’eccessiva variabilità dei valori pressori è un fattore di rischio per gli eventi cardiovascolari

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Non di rado i pazienti riferiscono valori estremamente variabili di pressione arteriosa, nonostante una terapia farmacologia considerata appropriata. Anche nel corso delle valutazioni ambulatoriali è di facile riscontro una sostanziale variabilità dei valori pressori tra una visita e l’altra. Ma qual è il significato prognostico di questo fenomeno?

Lo ha valutato un gruppo di ricercatori europei e nordamericani che hanno analizzato il database dello studio clinico VALUE, una sperimentazione che aveva valutato gli effetti del valsartan nei pazienti ipertesi.

Come misura principale della variabilità pressoria, è stata considerata la deviazione standard della pressione media, misurata nelle visite programmate durante un follow-up medio di 4 anni. Inoltre, è stato calcolato anche un coefficiente di variazione e la variabilità reale media della pressione media tra visite consecutive.

Sono stati inclusi nell’analisi 13.803 pazienti, con un’età media di 67 anni, precedentemente randomizzati ad un trattamento con valsartan o amlodipina. Il numero medio di visite per paziente è stato 8,7. La deviazione standard media della pressione sistolica è risultata 4,1 mmHg nel quintile più basso e 17,9 mmHg nel quintile più alto.

Rispetto ai pazienti con la variabilità più bassa, quelli compresi nel quintile con deviazione standard più alta hanno evidenziato un aumentato rischio di cardiovascolare, riguardo eventi come ictus ischemico, infarto miocardico (HR 3,2), insufficienza cardiaca congestizia (HR 3,1). Unico evento non correlato ad un aumento della variabilità pressoria è stato l’ictus emorragico.

È interessante notare come le analisi dei sottogruppi hanno dimostrato un’associazione tra variabilità pressoria ed eventi cardiovascolari simile, in pazienti considerati a rischio moderato e a rischio molto alto. Queste stesse sotto-analisi hanno dimostrato inoltre che la variabilità della pressione sanguigna era associata ad un rischio cardiovascolare significativamente più alto nei pazienti con età inferiore alla media (68 anni), rispetto ai pazienti più anziani.

Considerando l’altro endpoint valutato nello studio, ovvero la morte, anche in questo caso una aumentata variabilità dei valori pressori si associava ad un incremento del rischio (HR 1,10), equivalente ad un aumento del 10%, per un incremento di 5 mmHg della deviazione standard della pressione arteriosa sistolica.

Questo interessante studio sembra quindi indicare con chiarezza come valori instabili di pressione arteriosa costituiscano un fattore di rischio significativo per gli eventi cardiovascolari e per la morte, indipendentemente dal rischio cardiovascolare basale del singolo paziente.

Inaspettatamente, i soggetti più a rischio sembrano essere i più giovani, ed in particolare quelli con una pressione sistolica media più bassa.

È evidente che in questi pazienti andrà posta una maggiore attenzione nella scelta del trattamento farmacologico, non accontentandosi di ottenere valori pressori medi al di sotto dei target terapeutici, ma al tempo stesso valori stabili nel tempo.

 

Franco Folino

 

 

Maria H Mehlum, et al. Blood pressure variability and risk of cardiovascular events and death in patients with hypertension and different baseline risks. European Heart Journal, Published online 20 January 2018.

 

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