Lo scorso 19 marzo è stato pubblicato online su The Lancet un articolo che ha analizzato l’incidenza di trombosi subclinica dei lembi valvolari in pazienti sottoposti a sostituzione valvolare aortica chirurgica o percutanea (TAVI).
L’argomento è di estremo interesse perché i casi di trombosi subclinica in pazienti operati non sono poi così rari e possono causare gravi eventi ischemici cerebrali.
La popolazione inclusa nello studio è stata derivata da due registri: il RESOLVE e il SAVORY.
Considerando che un ridotto movimento dei lembi valvolari è suggestivo per una trombosi locale, i pazienti sono stati valutati in questo senso con una TAC ad alta risoluzione. Il movimento dei lembi è stato quindi classificato come lievemente ridotto (Riduzione <50%), moderatamente ridotto (Riduzione del 50-70%), gravemente ridotto (Riduzione del >70%) o immobile (assenza di movimento), riguardo ad almeno un lembo valvolare.
Sono stati analizzati complessivamente 1.154 pazienti. La TAC è stata eseguita in 752 pazienti con impianto valvolare transcatetere e in 138 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico. La mediana del tempo intercorso tra sostituzione valvolare aortica e scansione TAC è stata di 83 giorni.
La prevalenza di riduzione di movimento dei lembi valvolari è stata più elevata nelle TAVI (13%) rispetto alle sostituzioni chirurgiche (4%).
All’analisi multivariata, le TAVI, se confrontate con le sostituzioni chirurgiche, evidenziavano una più evidente riduzione del movimento dei lembi valvolari per un’età più avanzata del paziente, per una bassa frazione di eiezione e per l’assenza di terapia anticoagulante.
Al momento della prima valutazione, 224 pazienti assumevano anticoagulanti (warfarin52%; nuovi anticoagulanti orali 48%). La prevalenza di ridotta mobilità dei lembi valvolari è stata inferiore nei pazienti trattati con anticoagulante (4%), rispetto a quelli in doppia terapia antiaggregante (15%) o in terapia antiaggregante semplice (16%).
L’osservazione di un ridotto movimento dei lembi valvolari è risultato significativamente associato con un aumento dei tassi di TIA di qualsiasi tipo. Anche I tassi ictus o TIA di qualsiasi tipo, ictus o TIA non-procedurali e TIA/ictus post-TAC, sono stati significativamente maggiori nei pazienti con ridotto movimento dei lembi valvolari.
Questo studio evidenzia quindi come la trombosi valvolare subclinica non sia un fenomeno raro dopo TAVI o sostituzione chirurgica, e si presenti più frequentemente dopo intervento transcatetere, pur associandosi ad un numero di ictus sostanzialmente sovrapponibile per le due procedure. In assoluto, gli eventi ischemici sono stati maggiori nei pazienti con trombosi dei lembi.
Il risultato forse più importante è però la dimostrazione che la terapia antiaggregante, attualmente considerata come il trattamento di riferimento dopo sostituzione valvolare, non sia in grado di proteggere efficacemente i pazienti contro il rischio di trombosi valvolare, almeno non quanto gli anticoagulanti orali. E’ peraltro evidente che per avere indicazioni più precise in questo senso saranno necessari studi appositamente disegnati per valutare i benefici di questi due trattamenti.
Le indicazioni emerse dalla sperimentazione sembrano però invitare ad un trattamento più aggressivo, non solo per prevenire gli eventi ischemici cerebrali, ma anche per preservare la funzionalità della valvola stessa.
Franco Folino