La ranolazina è stata approvata per l’utilizzo in pazienti con angina cronica dalla FDA nel 2006 e dall’Agenzia europea per i medicinali nel 2008. Da allora, diversi studi hanno confermato la sua efficacia sul profilo clinico dei pazienti con malattia coronarica cronica, in particolare migliorando la tolleranza allo sforzo e riducendo l’angina.
Il meccanismo di azione di questo farmaco coinvolge il funzionamento dei canali del sodio e di conseguenza riduce l’eccitabilità e prolunga il periodo refrattario. Inoltre, è stato dimostrato che questi effetti si esercitano in modo nettamente prevalente sul tessuto atriale. Per questo motivo diversi stuti hanno valutato il suo ruolo come agente antiaritmico, nel trattamento della fibrillazione atriale. Recenti pubblicazioni suggeriscono che l’aggiunta della ranolazina all’amiodarone possa migliorare in modo significativo l’efficacia antiaritmica di quest’ultimo, in particolare nei pazienti con fibrillazione atriale di recente insorgenza e con atrio sinistro severamente dilatato.
Arriva ora un nuovo studio, pubblicato online sulla rivista Pacing And Clinical Electrophysiology, che ha cercato di stabilire il ruolo della terapia con amiodarone e ranolazina, combinati, in pazienti con atrio sinistro normale o moderatamente dilatato, e con fibrillazione atriale di recente insorgenza, in cui era programmata una cardioversione farmacologica.
I 173 pazienti inclusi nello studio sono stati randomizzati ad amiodarone per via endovenosa, (dose di carico di 5 mg/kg in un’ora, seguita da 50 mg/h), o amiodarone più una singola dose orale di ranolazina (1 g). L’endpoint primario dello studio era il tempo alla conversione della fibrillazione atriale. L’endpoint secondario era il tasso di cardioversioni efficaci entro le prime 24 ore.
La conversione della fibrillazione atriale a ritmo sinusale è stata nettamente più veloce nel gruppo ranolazina, in cui è stato ottenuto il ripristino del ritmo mediamente 10,8 ore prima rispetto al gruppo con amiodarone in monoterapia. Anche la percentuale di pazienti in cui si otteneva la conversione dell’aritmia entro le 24 ore era nettamente più elevata nel gruppo di pazienti trattato con ranolazina: 98% contro 58%. La combinazione dei due agenti è stata ben tollerata, senza effetti collaterali degni di nota.
Sulla base di questi risultati, lo studio dimostra un effetto molto marcato della ranolazina, quando somministrata in associazione con amiodarone, nel facilitare la cardioversione farmacologica della fibrillazione atriale di recente insorgenza, in pazienti con dimensioni dell’atrio sinistro normali.
La ranolazina ha certamente delle caratteristiche che la rendono potenzialmente adatta al trattamento della fibrillazione atriale. Con questo recente studio crescono le evidenze che dimostrano una sua reale efficacia clinica in acuto. Sarebbe ora molto interessante verificare se le proprietà di questa molecola possano essere impiegate anche nella profilassi cronica dell’aritmia.