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Sotto 50 è meglio. Nuovi ambiziosi target di LDL per la riduzione degli eventi cardiovascolari

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Lipidi circolanti e placca aterosclerotica/Wikimedia commons

Dagli inizi del 1900 abbiamo imparato a correlare i livelli ematici di colesterolo con il rischio di sviluppare lezioni aterosclerotiche. Da allora le ricerche sull’argomento si sono succedute con un ritmo sempre più vorticoso, affrontando dapprima gli aspetti fisiopatologici e quindi le conseguenze cliniche. Allo stesso tempo sono migliorate le conoscenze sulle differenti frazioni lipidiche circolanti, focalizzando l’attenzione in particolare sulle HDL e sulle LDL.

Pochi ricorderanno che i primi farmaci per la terapia dell’ipercolesterolemia puntavano non tanto alla riduzione del colesterolo LDL ma all’aumento della quota HDL, come la niacina. I risultati furono però poco incoraggianti.

Il primo studio che confermò nell’uomo l’associazione tra colesterolo plasmatico e aterosclerosi coronarica arrivò negli anni 60 e fu seguito dalle solide conferme dello studio Framingham.

Negli stessi anni iniziava la ricerca di molecole che potessero inibire la sintesi del colesterolo, ma si dovrà attendere fino al 1987 prima dell’entrata in commercio del capostipite delle statine: la lovastatina.  Da quel momento si susseguirono sul mercato altri farmaci, più o meno gravati da effetti collaterali, ma tutti con un’efficacia clinica di altissimo profilo, con riduzione di eventi cardiovascolari anche a due cifre.

Contemporaneamente iniziava una lenta ma costante gara al ribasso sui valori soglia di colesterolo LDL da ottenere nei pazienti in trattamento ipolipemizzante. Questa progressiva riduzione dei target si è basata sulla chiara dimostrazione di un rapporto continuo tra riduzione delle LDL con statine ed eventi avversi cardiovascolari maggiori fino a livelli di 54 mg/dL.

Ma cosa succede se ci spingiamo al di sotto di questo valore? Si ottengono ulteriori benefici clinici?

A queste domande ha cercato di rispondere un recente studio di libero accesso pubblicato su Circulation, che ha valutato 4794 pazienti con malattia aterosclerotica cardiovascolare o con un rischio cardiovascolare elevato, con dati derivati da dieci studi ODISSEY di fase tre. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere alirocumab o un trattamento di controllo che poteva essere placebo o ezetimibe (Analisi sponsorizzata da Sanofi e Regeneron Pharmaceuticals).

Gli end point considerati in questi studi sono stati la morte per cardiopatia coronarica, l’infarto miocardico non fatale, l’ictus ischemico o l’angina instabile che richiedeva il ricovero.

Alla valutazione basale i livelli di colesterolo LDL variavano da 123.2 a126.8 mg/dL. Il trattamento in studio portava il suo valore tra 64 e 56.9 mg/dL, mentre nei due gruppi di controllo scendeva a 126.5 mg/dL (placebo) e 100.9 mg/dL (ezetimibe). Nel complesso, il 31% dei pazienti ha raggiunto livelli di LDL inferiori a 50 mg/dL.

Nel corso del follow-up si sono verificati 104 eventi. Più basso era il valore di LDL, più basso è risultato il rischio di avere un evento clinico, anche sotto la soglia di 50 mg/dL, e la sua percentuale di riduzione indotta dal trattamento era inversamente proporzionale alla frequenza di eventi. Per ogni 39 mg/ dL di riduzione di LDL, il rischio di eventi si riduceva del 24%.

Questi risultati sembrano quindi indicare che un trattamento con un inibitore del PCSK9 come l’alirocumab fornisce un significativo beneficio clinico, anche spingendo il target terapeutico delle LDL al di sotto dei 50 mg/dL, quando utilizzato in pazienti ad alto rischio cardiovascolare.

Le linee guida europee sul trattamento delle dislipidemie, pubblicate in versione aggiornata proprio pochi mesi fa (leggi l’articolo in altra parte del giornale), indicano due target: inferiore a 70mg/dl di LDL per i pazienti a rischio cardiovascolare molto alto e inferiore a 100 mg/dl nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare.

 

Nella tabella le principali caratteristiche che classificano i pazienti a rischio cardiovascolare elevato e ad altissimo rischio.

 

Pazienti con rischio cardiovascolare molto alto *  Documentata malattia cardiovascolare. Infarto del miocardio, sindrome coronarica acuta, rivascolarizzazione coronarica transcatetere, by-pass, altre rivascolarizzazioni arteriose, ictus e attacco ischemico transitorio, vasculopatia periferica.

* Diabete mellito con danno d’organo come proteinuria o con un fattore di rischio, quale il fumo, l’ipertensione o dislipidemia.

*  Nefropatia cronica grave (GFR <30 ml/min/1,73 m2).

*  Un punteggio SCORE ≥10% per il rischio a 10 anni di malattia cardiovascolare fatale.

Pazienti ad alto rischio cardiovascolare *  Colesterolo totale > 310 mg/dL o pressione arteriosa BP ≥180 / 110 mmHg.

*  La maggior parte delle altre persone con diabete mellito.

*  Nefropatia cronica moderata (GFR 30-59 ml/min/1,73 m2).

*  Un punteggio SCORE ≥5% e <10% di rischio a 10 anni di eventi cardiovascolari fatali.

 

I dati che arrivano da questo nuovo studio fanno presupporre che in presenza di ulteriori conferme questi target saranno presto superati. La riduzione degli eventi clinici è stata ancora una volta particolarmente consistente e lascia pochi margini di dubbio.

Sappiamo che esistono animali con livelli di colesterolo ematico trascurabile e in cui i processi aterosclerotici sono pressoché assenti. Dobbiamo arrivare a questo? Dobbiamo puntare ad un colesterolo LDL pari a zero?

Se ci confrontiamo alla pratica clinica, sappiamo che pazienti in fasce di rischio elevato spesso non raggiungono i target proposti dalle società scientifiche. I dati disponibili sembrano indicare che meno del 20% dei pazienti in trattamento farmacologico raggiunge i limiti di colesterolo raccomandati.

Perché questo continuo aggiustamento al ribasso dei limiti non è seguito con altrettanta velocità nella pratica clinica?

Probabilmente il timore di effetti collaterali è la principale ragione, ma forse vi è anche un inconsapevole scetticismo, scientificamente non giustificato, che porta ad accontentarsi di livelli di LDL superiori al dovuto. I chiari limiti indicati dalle linee guida non dovrebbero però essere elusi, perché basati su solidi dati sperimentali.

Nel frattempo attendiamo altri studi sull’argomento, magari basati su studi prospettici, non derivati da sperimentazioni pregresse, che testino differenti farmaci ipolipemizzanti.

Poi chissà, magari fra qualche decennio assumeremo farmaci ipolipemizzanti fin dall’adolescenza, per cercare di far sparire dal nostro sangue la benché minima traccia di colesterolo.

 

Franco Folino

 

Circulation: 134 (24)

 

Ray KK, et al. Reductions in Atherogenic Lipids and Major Cardiovascular Events A Pooled Analysis of 10 ODYSSEY Trials Comparing Alirocumab With Control. Circulation  2016;134:1931–1943. LIBERO ACCESSO.

 

 

 

 

2 Commenti

  1. In circa 2300 pazienti in trattamento si sono verificati durante un follow-up che mi pare non viene specificato ma credo di ricordare piuttosto corto 104 eventi cumulativi che non vengono considerati singolarmente . E ‘ esperienza comune come tanti giovani con colesterolo non elevato vadano incontro ad infarti o coronaropatie e vasculopatie importanti e come molte persone anziane anche con valori elevati di colesterolo vadano incontro ad una serena vecchiaia. E’ quasi difficile da capire perche si e’ sempre cercato di abbassare l’ LDL fino quasi a toglierlo dalla circolazione senza percorrere altre vie diverse per capire il vero meccanismo patologico dell’aterosclerosi.. Potrebbe trattarsi di malattia infiammatoria , autoimmune ,etc, a causa della quale il colesterolo provoca danni alle pareti dell’endotelio. Se fosse sufficiente solo la riduzione del colesterolo circolante credo che il calo degli eventi cumulativi dovrebbe superare il numero di 104. Io credo che arriveremo fino a 10 mg /dl di colesterolo ma non saremo liberi da eventi. Ultimo commento il costo proibitivo di alirocumab. Le aziende spendono per la ricerca ma poi quanto guadagnano?

  2. PS si tratta di uno sudio non prospettico , i decessi furono 20 in meno nel gruppo trattato. Su 2300 pazienti trattati . numero importante ma non fa cantare alla vittoria.

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