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La gestione dei sanguinamenti nei pazienti con cardiopatia coronarica o fibrillazione atriale: un consensus paper della Società Europea di Cardiologia

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I pazienti con cardiopatia coronarica e con fibrillazione atriale condividono un rischio comune: il sanguinamento. L’utilizzo della doppia terapia antiaggregante nel primo caso e degli anticoagulanti orali nel secondo espongono ad un rischio emorragico che varia da soggetto a soggetto e che può manifestarsi con eventi clinici di differente gravità.

Il rischio non è trascurabile. Si stima che la probabilità di un sanguinamento maggiore sia dell’1-8%, a 30 giorni, in pazienti con sindrome coronarica acuta e del 2-5% per anno nei pazienti con fibrillazione atriale trattati con anticoagulanti orali.

La gestione del sanguinamento in questi pazienti non è cosa semplice, per l’esigenza di contrastare la perdita ematica e al tempo stesso di mantenere un’adeguata protezione contro il rischio trombotico.

E’ stato pubblicato in questi giorni sull’European Heart Journal, in versione elettronica, un consensus paper della Società Europea di Cardiologia che fornisce indicazioni sulla gestione del paziente, con cardiopatia coronarica o fibrillazione atriale, nelle fasi acute dell’emorragia e alla ripresa dei trattamenti antitrombotici.

Il documento divide i sanguinamenti in due capitoli principali: le emorragie extracraniche e quelle intracraniche.

In sintesi, nel primo caso, nei pazienti con cardiopatia coronarica in trattamento antiaggregante, che sviluppano emorragia minore o maggiore, a rischio trombotico alto o molto alto viene suggerito di mantenere una terapia con aspirina a basso dosaggio. Se è ritenuta necessaria una doppia antiaggregazione, il secondo farmaco dovrebbe essere reintrodotto il più presto possibile dopo la stabilizzazione.

Per i pazienti a rischio trombotico moderato viene suggerita la ripresa dell’aspirina a basso dosaggio quando il sanguinamento è controllato, preferibilmente entro tre giorni.

Per i pazienti con cardiopatia coronarica che sviluppano un sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore, non da varici esofagee, la terapia antiaggregante può continuare senza interruzioni se l’endoscopia identifica un basso rischio di sanguinamento. Se al contrario l’esame endoscopico definisce un rischio emorragico elevato, l’aspirina può essere riavviata entro tre giorni.

Per quanto riguarda i sanguinamenti extracranici in pazienti in trattamento con anticoagulanti, il farmaco antitrombotico va ripreso non appena si valuta che il rischio trombotico supera quello emorragico, con una ripresa nella maggior parte dei casi entro una settimana dall’evento. Quando si riavvia un trattamento con i nuovi anticoagulanti orali, viene raccomandato un monitoraggio accurato della funzionalità renale. Nei pazienti con valvole cardiache meccaniche, l’interruzione degli antagonisti della vitamina K è scoraggiato, soprattutto per i portatori di protesi mitralica.

Per quanto riguarda la gestione dell’emorragia intracranica nei pazienti in trattamento antiaggregante, il documento ammette che esistono pochi dati in letteratura per poter formulare consigli sulla gestione del paziente.

Infine, per quanto concerne i casi di emorragia intracranica in pazienti che assumono anticoagulanti orali, si suggerisce che  il momento in cui riprendere il farmaco sia stabilito su base individuale, a seconda del bilancio tra rischio emorragico e trombotico.  In assenza di valvole meccaniche, sono consigliati i nuovi anticoagulanti orali, sempre con un rigoroso monitoraggio della funzionalità renale.

Queste sono solo alcune delle indicazioni fornite nel consenso redatto a cura del gruppo di lavoro sulla trombosi della Società Europea di Cardiologia. Il documento fornisce molte altre indicazioni di carattere generale e il comportamento da tenere in specifiche situazioni. Al momento il lavoro è accessibile solo agli utenti abbonati, ma speriamo diventi presto libero, come le stesse linee guida della Società.

 

 

European Heart Journal: 37 (40)

 

Halvorsen S, et al. Management of antithrombotic therapy after bleeding in patients with coronary artery disease and/or atrial fibrillation: expert consensus paper of the European Society of Cardiology Working Group on Thrombosis. European Heart Journal (2016).

 

 

 

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