Questo è quanto emerge da un recente studio pubblicato su Kidney International, che ha confrontato l’escrezione urinaria di sodio e potassio con l’incidenza di insufficienza renale cronica, in una popolazione di 5315 soggetti che alla valutazione basale presentavano una normale funzionalità renale.
Molti studi epidemiologici hanno evidenziato un crescente numero di casi di nefropatia cronica, spesso legati ad obesità, diabete e ipertensione. A sua volta l’ipertensione è a volte facilitata dall’eccessiva assunzione di sodio.
Questo studio prospettico ha considerato l’escrezione dei due elementi come un indice proporzionale della loro assunzione.
La comparsa di insufficienza renale è stata definita dalla riduzione della eGFR sotto i 60 ml/min per 1,73 m2 o un’albuminuria superiore a 30 mg /24 ore, o entrambi.
Alla valutazione basale il valore mediano di sodio urinario è risultato di 135 mmol/24 h, quello di potassio di 70mmol/24 h.
Durante un follow-up mediano di 10,3 anni, 872 soggetti hanno sviluppato insufficienza renale cronica.
Non è stata evidenziata alcuna correlazione tra escrezione di sodio e comparsa di insufficienza renale. Al contrario la riduzione di escrezione urinaria di potassio di 21 mmol /24 h si associava ad un incremento del 16% del rischio di sviluppare insufficienza renale cronica (hazard ratio, 1.11).
Tra le differenti analisi sviluppate in questo studio emerge inoltre come questa associazione sembra essere indipendente da fattori alimentari dietetici o non dietetici, e risulta più accentuata in pazienti con ipertensione arteriosa.
Gli autori concludono proponendo l’assunzione di potassio come un metodo per prevenire la nefropatia cronica. Altri studi sono ovviamente necessari per confermare questa ipotesi.