Le emorragie del tratto gastrointestinale inferiore sono un evento non così raro, in particolare tra i pazienti anziani. La sede di questo tipo di emorragie è prevalentemente il colon (85%) e solo raramente l’intestino tenue (3-5%).
Allo stesso tempo un trattamento con antiaggreganti è molto frequente negli anziani e quindi il coincidere dei due eventi porta solitamente alla sospensione del trattamento.
La scelta a questo punto non è semplice: riprendere il trattamento e rischiare una recidiva, magari più severa, o interromperlo ed esporre il paziente ad eventi cardiovascolari?
Tenta di dare risposta a questo quesito un lavoro apparso sul numero di Gastroenterology di settembre, che analizza in modo retrospettivo una popolazione di 295 pazienti con una diagnosi di sanguinamento gastrointestinale da trattamento con antiaggreganti, con documentato melena o sanguinamento rettale.
Per analizzare i due comportamenti, i pazienti sono stati divisi in due gruppi in base alla durata cumulativa dell’uso di aspirina: < al 20% del periodo di follow-up (121 pazienti, gruppo non utilizzatori); ≥50% del periodo di osservazione (174 utenti, gruppo aspirina).
In un follow-up di 5 anni i sanguinamenti sono recidivati nel 18,9% dei pazienti del gruppo aspirina e nel 6.9% dei pazienti del gruppo non utilizzatori. Al contempo, eventi cardiovascolari rilevanti sono stati registrati nel 22.8% dei pazienti del primo gruppo e nel 36.5% di quelli del secondo.
L’analisi multivariata ha evidenziato che l’uso di aspirina era un indice predittivo indipendente di recidiva di sanguinamento, ma protegge contro eventi cardiovascolari e riduce la mortalità.
I risultati sono quindi sostanzialmente in linea con quanto atteso. La prosecuzione del trattamento con antiaggreganti espone al rischio di recidive di sanguinamento, di impatto clinico limitato. Al contrario, la sua sospensione fa invece incrementare significativamente il rischio di ben più rilevanti eventi cardiovascolari.
Resta quindi nelle mani del clinico valutare sulle caratteristiche del singolo paziente quale sia l’atteggiamento migliore nei confronti dei sanguinamenti intestinali. Pensando al rischio emorragico, basato sulla patologia presente, sulla sua evolutività e sulla gravità del sanguinamento stesso, senza però dimenticare il rischio tromboembolico.
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