Un disturbo depressivo maggiore è relativamente comune durante l’infanzia e l’adolescenza ed è spesso associato a significative compromissioni funzionali ed a tentativi suicidari.
Da numerose indagini epidemiologiche risulta che il 2% dei bambini e il 4% degli adolescenti ha in un anno un episodio di depressione che dura almeno due settimane.
Secondo dati OMS la prevalenza del disturbo depressivo maggiore è stimata tra l’1.8% e il 2.5% in età prepubere e tra il 2.9% e il 4.7% negli adolescenti, mentre altri studi hanno evidenziato come meno della metà dei bambini e degli adolescenti con depressione maggiore riceve un trattamento specifico.
I fornitori di cure primarie possono svolgere un ruolo fondamentale nell’identificare la depressione tra i bambini e gli adolescenti, soprattutto perché i giovani con problemi di salute mentale spesso utilizzano questi servizi di assistenza.
L’identificazione e il trattamento precoce del disturbo depressivo è ancor più importante se si considera la sua lunga durata e la sua natura ricorrente, nonché le numerose sequele negative che lo accompagnano.
Tra queste vanno ricordate: relazioni difficili con genitori, fratelli e coetanei; diminuito rendimento scolastico; sintomi somatici, come mal di testa ed emicrania, dolori di stomaco e il dolore muscolo-scheletrico; patologie croniche, come l’asma e diabete.
Il trattamento di prima scelta si basa principalmente sul counseling, sugli interventi psicoeducativi e sulla psicoterapia, ma sono spesso utilizzati anche farmaci antidepressivi, non scevri da consistenti effetti collaterali, tanto che nel 2004 la FDA ha emesso un avviso di cautela per l’uso di questi farmaci, considerato il frequente riscontro di tentativi suicidari.
Molti studi hanno valutato l’efficacia di differenti trattamenti farmacologici nella terapia della depressione maggiore nell’adolescenza, ma i risultati sono tutt’altro che univoci.
Per cercare di fare chiarezza sull’argomento arriva una recente meta-analisi, pubblicata sulle pagine del Lancet, che ha cercato di confrontare efficacia e tollerabilità di questi farmaci nei bambini e negli adolescenti.
Nell’analisi è stata considerata la variazione dei sintomi depressivi rispetto alla valutazione basale, attraverso test specifici quali il Depression Rating Scale Revised, la Hamilton Depression Rating Scale, il Beck Depression Inventory e il Childrens’ Depression Inventory.
Sono state considerate nell’analisi 31 pubblicazioni che descrivono 34 trial randomizzati su complessivi 5260 pazienti, presentate tra il 1986 e il 2014, che confrontavano 14 antidepressivi.
In base alla randomizzazione, 3106 soggetti erano avviati ad un trattamento attivo e 5154 al placebo. La durata media del trattamento in acuto era di otto settimane.
I risultati hanno evidenziato come in termini di efficacia, solo la fluoxetina era migliore rispetto al placebo. La nortriptilina era significativamente meno efficace di altri sette antidepressivi e del placebo. In termini di tollerabilità, la fluoxetina era significativamente meglio tollerata della duloxetina, dell’imipramina. Il citalopram e la paroxetina sono risultati meglio tollerati all’imipramina.
Imipramina, venlafaxina e duloxetina sono risultati meglio tollerati del placebo.
Nei confronti tra i farmaci il trattamento con fluoxetina è risultato il più efficace (76,6%), quello meno efficace la nortriptilina (3,7%). In termini di tollerabilità, la fluoxetina è risultata il miglior farmaco (75,7%) e l’imipramina il peggiore (13,1%).
La venlafaxina è risultata significativamente associata ad un aumento del rischio di comportamento o ideazione suicidaria rispetto al placebo e ad altri cinque antidepressivi (escitalopram, imipramina, duloxetina, fluoxetina e paroxetina).
Sulla base di questa meta-analisi sembra quindi che la fluoxetina possa ridurre i sintomi depressivi nei bambini e negli adolescenti, con disturbo depressivo maggiore, ma l’entità di questa riduzione è piuttosto incerta. Questo farmaco può quindi rappresentare la migliore scelta tra i differenti antidepressivi, nel caso sia indicato un trattamento farmacologico, ma solo per pazienti con depressione da moderata a grave che non hanno accesso alla psicoterapia o non hanno risposto agli interventi non farmacologici.