Le attuali linee guida basate sui valori calcolati del punteggio CHA2DS2-VASc per l’anticoagulazione potrebbero non fornire una guida adeguata a determinare i benefici ei rischi della terapia anticoagulante, nei pazienti con fibrillazione atriale. I risultati di uno studio in questo campo sono stati pubblicati sulla rivista Annals of Internal Medicine.
Gli anticoagulanti orali nella fibrillazione atriale
L’anticoagulazione orale riduce drasticamente il rischio di ictus ischemico nei pazienti con fibrillazione atriale, ma aumenta inevitabilmente il rischio di emorragia maggiore. La decisione di raccomandare l’anticoagulazione a un paziente con fibrillazione atriale deve essere basata sul beneficio clinico netto atteso o sulla differenza tra la riduzione del rischio di ictus ischemico e l’aumento del rischio di sanguinamento, ponderato dalla gravità di ciascuno di questi risultati. Le linee guida attuali raccomandano l’uso di anticoagulazione in un paziente con un punteggio CHA2DS2-VASc di 2 o maggiore, a seconda che si tratti di uomo o donna (vedi altro articolo su questo argomento). Un punteggio che viene ottenuto considerando differenti parametri clinici: insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione, età, diabete, ictus e vasculopatia.
Tuttavia, poiché i tassi di ictus nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che non ricevono terapia anticoagulante variano ampiamente tra gli studi pubblicati, il beneficio clinico netto potrebbe non essere così chiaro come suggeriscono le linee guida.
Ictus e emorragie: incidenze molto variabili
I ricercatori dell’Università della California, San Francisco, hanno utilizzato un modello computerizzato per determinare l’effetto della variazione nei tassi di ictus di fibrillazione atriale sul beneficio clinico netto della terapia anticoagulante, per oltre 33.000 pazienti. Hanno trovato che il beneficio clinico netto della terapia anticoagulante con warfarin variava di circa 4 volte, quando veniva calcolata la variazione nei tassi di ictus pubblicati in diversi studi.
Questi risultati suggeriscono che le attuali linee guida basate sul punteggio CHA2DS2-VASc potrebbero dover essere riviste a favore di valutazioni del rischio più accurate e individualizzate, sia per l’ictus ischemico che per il sanguinamento maggiore. Gli autori dicono che fino a quel momento, le linee guida dovrebbero riflettere meglio l’incertezza dell’attuale approccio, in cui il punteggio CHA2DS2-VASc di un paziente viene utilizzato come base primaria per raccomandare la terapia anticoagulante.