Differenti studi condotti su una vasta gamma di coorti, ha evidenziato sempre più nel tempo, come il trauma cranico possa rappresentare un fattore di rischio per ideazioni e comportamenti suicidari, inclusa la morte per suicidio.
Trauma cranico e suicidio: lo studio
Lo scorso 14 agosto è apparso online, sulla rivista JAMA, l’ultimo degli studi in questo campo. Il suo obbiettivo è stato quello di valutare l’associazione tra trauma cranico e il successivo suicidio.
La sperimentazione, retrospettiva, ha utilizzato per l’analisi dei registri sanitari danesi, che includevano quasi 7 milioni e mezzo di pazienti. Di questi, il 7,6% ha avuto un contatto medico per trauma cranico.
I risultati dello studio
Il tasso assoluto di suicidio nella popolazione studiata è stato di 21 casi ogni 100.000 persone/anno. L’età media dei soggetti deceduti per suicidio è stata di 52 anni. Di questi, il 10,2% aveva avuto un contatto medico per trauma cranico lieve, frattura del cranio senza trauma documentato o trauma cranico grave.
Il tasso assoluto di suicidio è stato di 41 casi per 100.000 persone/anno tra quelli con diagnosi di trauma cranico e 20 casi per 100.000 persone/anno tra i controlli senza trauma cranico. Il tasso di incidenza aggiustato (IRR) è stato di 1,90.
Rispetto a quelli senza trauma cranico, quelli con trauma grave avevano un IRR di 2,38, quelli con trauma lieve e quelli con frattura cranica avevano un IRR di 1,81 e 2.01 rispettivamente.
Lo studio ha anche voluto valutare se il numero di contatti medici per trauma cranico era direttamente proporzionale al rischio di suicidio. La risposta è stata positiva. Rispetto ai pazienti senza contatti medici per trauma cranico, quelli con un contatto hanno evidenziato una frequenza assoluta di 34,3 casi per 100.000 persone/anno, quelli con due contatti medici 59,8 casi per 100.000 persone/anno e quelli con tre o più contatti medici 90,6 per 100.000 persone/anno.
Anche l’intervallo temporale tra contatto medico ed evento suicidario si è dimostrato associato in modo proporzionale. Così l’IRR è risultato di 3,67, quando l’intervallo era di sei mesi, e 1,76 dopo 7 anni.
Questo studio rappresenta un’ulteriore conferma della forte associazione esistente tra trauma cranico e comportamenti suicidari. Una relazione che sembra non affievolirsi molto con il passare del tempo e che vede un rischio direttamente proporzionale al numero dei contatti medici per l’evento traumatico.
Trauma cranico e suicidio: quali i legami?
Data per stabilita questa associazione, resta ora da capirne le ragioni. Le ipotesi possono essere molte e andranno valutate in studi appositamente disegnati. Gli stessi autori non azzardano ipotesi patogenetiche.
Per certi versi potrebbe porsi il dilemma dell’uovo e della gallina. Ovvero, è il trauma cranico che induce una qualche forma di depressione, che porta poi a comportamenti suicidari, oppure il trauma cranico è già un’espressione di questa predisposizione mentale?
Le analisi di interazione svolte nello studio, indicano che in individui con una diagnosi psichiatrica o un coinvolgimento di autolesionismo intenzionale, diagnosticati prima del trauma cranico, questo evento traumatico era associato a un minor rischio di suicidio rispetto a quelli che avevano solo una diagnosi psichiatrica o atti di autolesionismo, senza il trauma cranico.
Gli autori ipotizzano che questo aspetto, apparentemente paradossale, possa essere dovuto ad un aumento di attenzione medica dopo il trauma cranico o a una possibile apatia all’iniziativa suicidaria tra coloro che oltre ad una storia psichiatrica sperimentano il trauma.
Al di là delle ipotesi fisiopatologiche, è evidente che le continue conferme all’associazione trauma cranico-suicidio impongono ormai delle misure per contrastarne gli effetti, con specifici e attenti screening tra i pazienti con trauma cranico.
Franco Folino