Il blocco dei nervi splancnici in pazienti con scompenso cardiaco acuto riduce le pressioni di riempimento ventricolare e aumenta la gettata cardiaca. Sono questi i risultati di uno studio, che potremmo definire come proof of concept, portato a termine da un gruppo di ricercatori del North Carolina, su un piccolo gruppo di 5 pazienti.
L’idea di bloccare l’attività dei nervi splancnici, si basa sull’ipotesi che in corso di scompenso cardiaco l’iperattività del sistema simpatico induca uno spostamento dei liquidi circolanti dall’addome al piccolo circolo. Interrompendo artificialmente questi segnali neurovegetativi che evocano una vasocostrizione dei vasi addominali, il volume ematico circolante dovrebbe quindi ritornare nell’addome, riducendo il suo carico su cuore e polmoni.
Blocco dei nervi splancnici: i metodi dello studio
I pazienti sottoposti a questa procedura avevano un’età media di 56 anni e una frazione di eiezione del ventricolo sinistro inferiore o uguale al 20%. Il blocco bilaterale dei nervi splancnici è stato ottenuto iniettando una soluzione di lidocaina a livello di T11 – T12. È infatti a questo livello che emergono, dalla catena toracica dei gangli simpatici, le fibre neurovegetative che raggiungono gran parte degli organi addominali, dopo essersi integrate nel ganglio celiaco.
Gli effetti emodinamici del blocco
Il blocco dei nervi splancnici ha causato una riduzione delle pressioni intracardiache, valutate al cateterismo cardiaco, nonché un incremento dell’indice cardiaco da 1,92 a 2,54 L/min/m2, a 30 minuti dalla procedura.
Nello stesso tempo, si è ridotta la pressione arteriosa media, passando da 89 a 72mmHg, e le resistenze vascolari periferiche. Questi effetti sono scomparsi a 90 minuti di distanza.
Pur in questo breve intervallo di tempo, si sono ridotti i livelli di un biomarcatore per lo scompenso cardiaco, come NT-ProBNP, e i pazienti hanno riportato un miglioramento dei sintomi.
Blocco dei nervi splancnici: le prospettive future
Sono ancora molti gli aspetti da definire, ma questo nuovo approccio al trattamento dello scompenso cardiaco potrebbe aprire la strada ad interessanti alternative terapeutiche.
In sostanza, si tratta di applicare una nuova tecnica per ottenere quello che da sempre è alla base del trattamento dello scompenso cardiaco: la riduzione del flusso ematico a cuore e polmoni.
Quello che si può ottenere con diuretici o vasodilatatori venosi, sembra conseguibile anche inducendo in modo artificiale una specie di “sequestro” ematico a livello dei vasi addominali.
Questo nuovo trattamento è potenzialmente applicabile allo scompenso cardiaco acuto e a quello cronico. È evidente però che sarà necessario indurre il blocco del traffico nervoso per periodi più prolungati di tempo, ma la cosa non è poi così difficile da ottenere. Saranno evidentemente da stabilire gli eventuali effetti avversi indotti da un blocco prolungato dell’attività neurovegetativa diretta ai differenti organi addominali.
Infine, per una definitiva consacrazione del metodo, sarà indispensabile confrontare i risultati ottenuti su un gruppo di controllo, che evidentemente dovrà essere sottoposto a una procedura sham.
Franco Folino