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Le statine in prevenzione primaria: a chi vanno prescritte? Un nuovo documento del US Preventive Services Task Force

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L’efficacia clinica delle statine per la prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari è stata dimostrata da numerosi studi randomizzati. Più dibattuta è invece l’utilità di questi farmaci in prevenzione primaria, vale a dire in soggetti che non hanno avuto eventi cardiovascolari, ma hanno livelli di colesterolo LDL elevati.

Da molto tempo si cerca di identificare i soggetti che potrebbero beneficiare di questi farmaci ipolipemizzanti per ridurre l’incidenza di malattie cardiovascolari, ma purtroppo i dati sono discordanti. Le sperimentazioni cliniche che sono state condotte in questo campo forniscono risultati piuttosto incerti e non riescono a delineare in modo preciso quando i benefici del trattamento siano superiori agli effetti avversi indotti.

Le reazioni indesiderate alle statine possono essere molto varie. Quelle più conosciute, indicate nelle schede tecniche, sono tra le altre l’anemia, la cefalea, la stipsi, l’epatite e la miopatia. Alcuni studi hanno anche prospettato che le statine possano indurre effetti negativi sulla funzione cognitiva, peraltro mai dimostrati con chiarezza, e che possano causare il diabete mellito e la cataratta.

La rivista JAMA ha pubblicato lo scorso 15 novembre un documento, di libero accesso, della US Preventive Services Task Force, un panel di esperti in medicina preventiva e in evidence based medicine, che fornisce raccomandazioni sull’utilizzo delle statine in prevenzione primaria.

Viene precisato innanzitutto che per valutare l’appropriatezza del trattamento è indispensabile calcolare il rischio cardiovascolare del paziente.

Per fare questo viene suggerito di utilizzare il calcolatore dell’American Heart Association, disponibile online all’indirizzo: http://tools.acc.org/ASCVD-Risk-Estimator/. Una volta inseriti i parametri viene visualizzato il rischio stimato a 10 anni. Cliccando su “Recommendation based on calculation”, si può anche accedere direttamente alle raccomandazioni terapeutiche per lo specifico paziente, basate sulle linee guida AHA/ACC. Questo calcolatore è disponibile anche su un’applicazione per smartphone e tablet.

Per calcolare il rischio si possono anche utilizzare le tavole proposte dalla Società Europea di Cardiologia, specifiche per i differenti paesi europei, oppure il più nostrano calcolatore online del progetto Cuore, dell’Istituto Superiore di Sanità.

Stabilito il livello di rischio, il documento suggerisce in sintesi che gli adulti senza una storia di malattie cardiovascolari (cardiopatia coronarica o ictus) potrebbero utilizzare un trattamento con statine a dosi basse o moderate per la prevenzione degli eventi cardiovascolari quando l’età sia compresa tra i 40 e i 75 anni, vi sia uno o più fattori di rischio (dislipidemia, fumo, diabete, ipertensione) e il rischio cardiovascolare calcolato a 10 anni sia maggiore o uguale al 10% (raccomandazione in classe B).

Le raccomandazioni della Task Force ammettono che vi potrebbe essere un beneficio anche per pazienti con un rischio cardiovascolare a 10 anni inferiore, ma la probabilità di trarne beneficio è sicuramente inferiore, proprio per la minore probabilità di sviluppare una malattia cardiovascolare. Suggerisce quindi l’utilizzo di statine in pazienti con i criteri sovraesposti, e con un rischio a 10 anni compreso tra 7,5% e 10%, ma con una classe di raccomandazione C (debole).

Queste indicazioni non prendono direttamente in considerazione i livelli di colesterolo LDL, perché sono già inclusi nella valutazione del rischio cardiovascolare a 10 anni. Sono peraltro limitate ai pazienti con livelli di LDL-C inferiori a 190mg/dl.

E’ interessante osservare che queste raccomandazioni, pubblicate da un ente di prevenzione statunitense, si discostino da quanto consigliato dalle linee guida ACC/AHA (2013). Queste ultime, infatti, consigliano un trattamento con statine ad alta o moderata intensità in pazienti con un’età compresa tra 40 e 75 anni, in prevenzione primaria in pazienti senza diabete, se il rischio cardiovascolare stimato a 10 anni è maggiore o uguale al 7.5%. Nel caso il rischio sia compreso tra 5% e <7.5% è comunque consigliato di considerare un trattamento con statine, ma con una classe di raccomandazione inferiore (debole). Sembra quindi che le più recenti raccomandazioni si siano ammorbidite rispetto alla necessità dei trattamenti con ipolipemizzanti in prevenzione primaria.

Ricordiamo che riguardo alle dosi da utilizzare: per atorvastatina 10-20 mg vengono considerati una dose moderata, 40-80mg una dose elevata; per simvastatina 10mg vengono considerati una dose bassa, 20-40mg una dose moderata; per rosuvastatina 5-10mg vengono considerati una dose moderata, 20-40mg una dose elevata.

Molte volte le statine sono prescritte in modo empirico, anche in soggetti che probabilmente non beneficeranno dell’effetto protettivo di questi farmaci. Queste raccomandazioni, come gli altri documenti proposti dalle società scientifiche, contribuiscono ad aiutare il clinico nel lavoro quotidiano con i pazienti.

 

Franco Folino

 

JAMAStatin Use for the Primary Prevention of Cardiovascular Disease in Adults US Preventive Services Task Force Recommendation Statement. JAMA. 2016;316(19):1997-2007.

 

 

 

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