L’insufficienza renale cronica è un rilevante problema di salute pubblica che si associa ad un aumento di morbilità e mortalità. La malattia si definisce sulla base di una diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare e porta ad una varietà di anomalie metaboliche tra cui l’acidosi, l’ipertensione, l’anemia e disturbi della mineralizzazione ossea.
La riduzione della velocità di filtrazione glomerulare si associa anche ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari. La progressione della malattia può essere lineare o non lineare, tanto che in molti soggetti la funzione renale può rimanere stabile per anni.
Tra i problemi collegati a questa patologia, vi è un incremento del rischio emorragico, dimostrato in differenti studi clinici, in particolare in pazienti in trattamento anticoagulante o antiaggregante.
Questo problema è stato analizzato a fondo in un recente lavoro pubblicato sul Journal of the American Society of Nephrology, che in modo retrospettivo ha analizzato una popolazione di 516.197 pazienti con una velocità di filtrazione glomerulare (GFR) che veniva categorizzata in sei fasce: ≥90, tra 60 e <90, tra 45 e <60, tra 30 e <45, tra 15 e <30, <15 ml/min per 1.73 m2. Anche il rapporto albumina creatinina urinarie (ACR) portava ad una divisione in tre gruppi: >300, 30-300, <30mg/g.
L’incidenza cumulativa di emorragia a 3 anni è aumentata fino a 20 volte in relazione ad un declino della GFR e all’aumentare del rapporto albumina creatinina.
Nei modelli aggiustati, utilizzando il gruppo con la più alta GFR e la più bassa ACR come riferimento, i pazienti con GFR compreso tra 15 e <30ml/min avevano un rischio relativo di emorragia di 1,9 (intervallo di confidenza al 95% 1,5-2,4) con il più basso valore di ACR e 3,7 (95% CI, 3,0-4,5) con il più alto valore di ACR. I pazienti con il più alto valore di GFR e di ACR avevano un rischio relativo di emorragia di 2,3 (95% CI, 1,8-2,9), comparabile con il rischio dei pazienti con il più basso valore di GFR e di ACR.
I risultati di questo studio sembrano quindi indicare che il rischio di emorragia aumenta in modo proporzionale con il calo della GFR. Ancor più interessante è però la dimostrazione che l’albuminuria è un indice indipendente di rischio.
Quest’ultimo è certamente un dato molto importante, che apre la strada ad una nuova, semplice e più accurata valutazione del rischio emorragico, in particolare nei pazienti candidati a trattamenti con farmaci anticoagulanti.
Molnar AO, et al. The Risk of Major Hemorrhage with CKD. J Am Soc Nephrol 27: 2825–2832, 2016.