Il disulfiram, più noto con il nome commerciale di Antabuse, è un farmaco da tempo utilizzato con successo nel trattamento dell’alcolismo. Il suo meccanismo d’azione per il mantenimento dell’astinenza dall’alcol è in parte psicologico e in parte dovuto a un effetto farmacologico. Quest’ultimo si basa sul fatto che l’alcol è normalmente metabolizzato nel fegato dall’enzima alcool deidrogenasi che lo trasforma in acetaldeide. Questa, viene a sua volta convertita in acido acetico dall’enzima aldeide deidrogenasi. Disulfiram agisce bloccando l’aldeide deidrogenasi e portando così a un accumulo nel sangue di acetaldeide, che induce quindi sintomi spiacevoli se si consumano alcolici, principalmente tachicardia, nausea e vomito.
Arriva ora sulle pagine di Nature uno studio che ha valutato l’impiego di questo farmaco in un campo del tutto nuovo, vale a dire il trattamento dei tumori. Alcuni studi preclinici avevano già evidenziato l’efficacia del disulfiram in differenti tipi di cancro, questa nuova sperimentazione ha voluto valutarne gli effetti in una vasta popolazione di malati, cercando inoltre di identificarne il meccanismo d’azione.
A questo scopo gli sperimentatori hanno utilizzato un database sanitario danese, identificando pazienti cui era stato prescritto il disulfiram per la dipendenza dall’alcool, prima della diagnosi di neoplasia, oppure sia prima sia dopo la diagnosi.
E’ stata innanzitutto evidenziata una mortalità specifica per cancro più alta tra chi aveva usato in precedenza il farmaco rispetto a chi non l’aveva mai assunto. Questo probabilmente a causa dell’effetto negativo dell’alcol sulla prognosi della malattia. Si è osservata però anche una riduzione della mortalità per il cancro in chi aveva usato il disulfiram in modo continuativo, rispetto a chi lo aveva assunto solo prima della diagnosi di malattia, sia per la mortalità complessiva da cancro, sia per specifici tipi di neoplasia con interessamento di colon, prostata e mammella.
Si è visto inoltre che la ridotta mortalità specifica per cancro con l’uso continuato di disulfiram valeva anche per i pazienti con malattia metastatica.
Un sottostudio condotto su topi ha poi rivelato che l’effetto del disulfiram è potenziato dal rame, attraverso il legame del suo metabolita, il dietilditiocarbamato con il metallo (Cu-ET). Questa sostanza ha poi dimostrato in vitro un effetto citotossico nei confronti di differenti linee cellulari neoplastiche, confermato successivamente in vivo, sempre sul modello animale.
Lo studio non si è però limitato a questo. I ricercatori hanno proseguito analizzando, sempre su un modello animale, gli effetti del complesso Cu-ET sulla sintesi proteica, per cercare di identificare con più precisione i suoi effetti molecolari.
E’ stato così dimostrato che Cu-ET agisce come antineoplastico colpendo la NPL4, letteralmente proteina di localizzazione della proteina nucleare 4, coinvolta nell’importazione di proteine all’interno del nucleo e nell’esportazione al di fuori del nucleo di poli(A) RNA, nonché in altri processi di proliferazione e degradazione cellulare.
Sembra infatti che una volta raggiunte le cellule, Cu-ET si leghi a NPL4, inducendo una sua aggregazione e disattivando la sequenza p97-NPL4-UFD1. Questa interferenza porta così alla morte cellulare.
Dimostrando gli effetti terapeutici del disulfiram sulle neoplasie, nonché i suoi specifici effetti molecolari, questo studio apre la porta a più estese sperimentazioni cliniche sul farmaco, con premesse che fanno ben sperare in risultati positivi.
Franco Folino